Tosi “divide et impera” e Verona non decolla

di Giampaolo Fogliardi

 

E questo sarebbe il sindaco che dovrebbe guidare Verona altri cinque anni? Ha trascurato il destino dell’aeroporto per l’intero mandato e ora in extremis riesce pure mettere zizzania tra i soci organizzando incontri “segreti” escludendo Provincia e Camera di Commercio, che detengono insieme il 39%.

Questa è la strategia per il rilancio del sistema Verona? Questo è il gioco di squadra?
Il mandato del sindaco sta per finire e non abbiamo ancora capito che strada voglia seguire, nel frattempo cerca nuovi soci all’insaputa degli altri.

Caro sindaco Tosi, Verona non è la ribalta di un talk show! Non basta destreggiarsi con disinvoltura tra una dichiarazione di intenti e un sorriso in camera. Verona è in uno stato di empasse. Siamo fermi. Un giorno si guarda a est, uno a ovest e l’altro a nord: manca una regia, un coordinamento e ho il sospetto che nemmeno lo si cerchi.
Nel frattempo il sindaco mira soltanto al proprio tornaconto politico, non vuole fare squadra attorno a Verona, ma punta alla sua unica strategia: “divide et impera”, utilissima per le proprie ambizioni, deleteria per la nostra economia e la nostra società.

La crisi avanza, l’expo di Milano si avvicina (riuscirà la città a cogliere l’occasione per rilanciarsi?), la sicurezza si è rivelata lo slogan elettorale che era (dalla mistica delle ronde alle scorribande fasciste per il centro) e la situazione dei trasporti pubblici non è degna di una città con ambizioni europee. Perché hanno cassato la tramvia? Che fine ha fatto il filobus? L’unica proposta sul tavolo è la settimana corta a scuola per risparmiare sui bus? Ci rendiamo conto di quanto questa amministrazione non sia preparata a gestire una città come Verona?

L’ultimo pasticcio creato all’aeroporto è la ciliegina sulla torta, l’ennesima figuraccia di un sindaco che non potrà mai essere l’allenatore di una squadara compatta e preparata pronta a riportare la Verona dell’economia, della cultura, del turismo, dei servizi nella serie A che le spetta.


D’Arienzo: “non siamo tutti uguali”

da www.pdverona.it

 

Nella Lega c’è un unico sistema: Bossi e “family” spendevano per se i soldi pubblici mentre qui piazza i propri parenti nelle aziende del Comune, promuove la moglie di Tosi pur non avendo i titoli, distrae i fondi della società di trasporti.
La propaganda non potrà mai cancellare la parentopoli leghista tutta veronese[1], i leghisti indagati, rinviati a giudizio o condannati per fatti gravissimi[2] e l’assurda promozione della moglie del sindaco[3].
Non ci sto alla favoletta che siamo tutti uguali. L’accostamento di Penati con Bersani è intellettualmente disonesto: è come dire che se rubava Calderoli doveva dimettersi Bossi. Invece, le mani nella marmellata le ha messe proprio Bossi e nessun altro.
Bersani non si è dimesso perché è persona perbene, e le indagini lo hanno confermato. Bossi, no. La favoletta che è stato ingenuo, che si è fidato, serve a Tosi per tenersi buoni i leghisti. Lo smottamento sarà significativo.
Li capisco. Ci hanno creduto, ma tra parentopoli, mogli promosse, leghisti veronesi indagati o condannati e adesso Bossi, sono giustamente disorientati. Il danno, però, è per tutta la politica.
Tutto è iniziato dopo la rottura Bossi-Maroni. Possibile che nessuno si fosse accorto di nulla, anche dopo le denunce presentate dai leghisti stessi?
Inorridisco: Tosi è orgoglioso di stare accanto a Bossi? Se il mio nome fosse vicino a Lusi o Penati mi offenderei, e parecchio.
Ha addirittura dichiarato che non sa quanto spenderà. Strano, doveva depositare il proprio bilancio preventivo entro il 3 aprile scorso: se non l’ha fatto ha omesso un atto previsto per legge, se l’ha fatto, probabilmente non l’ha firmato, visto che non sa la cifra che doveva scrivere nel totale in basso.
Ha fatto bene a dire a Belsito di andarsene, ma non l’ha mai detto a Soardi, sindaco leghista di Sommacampagna condannato di cui è stato anche testimone di nozze, perché è sempre pronto a parlare di quelli che gli stanno lontano.
Per il resto sono anni che il sindaco non è più a Verona. Gli interessa altro. E’, ovviamente legittimo, ma evitiamo almeno di prenderci in giro dicendo che pensa solo alla nostra città.

[1] la moglie del Sindaco di Sona (nonché assessore provinciale), assunta da Serit, società partecipata Amia – Azienda multiservizi di igiene ambientale – di proprietà del Comune di Verona, e poi assunta da Amia stessa; la sorella dello stesso Sindaco è stata assunta da Serit); la figlia del responsabile organizzativo provinciale della Lega Nord (assunta da Amia); il fratello del vicesindaco di San Giovanni Lupatoto (in Transeco, società partecipata Amia); la sorella di un assessore regionale (assunta dalla Amt – Azienda mobilità trasporti); il contratto del medico competente in Amia è stato affidato alla moglie del Sindaco di Sommacampagna con contratto rinnovato senza gara per due anni; il vicesindaco leghista di Villabartolomea, assunto da Atv (Azienda trasporti Verona).
[2] Venturi, Soardi
[3] Nel 2007, poco dopo l’elezione del marito, venne promossa, senza concorso e senza laurea, da semplice impiegata a dirigente nel settore Sanità. Lo stipendio balzò da 25 mila euro lordi l’anno a 70 mila. Ma chi era l’assessore regionale alla Sanità fino a poco prima? Il marito. E chi era il successore, autore della promozione? Francesca Martini, leghista e veronese pure lei. La signora ha querelato Bonfante sul punto, ma il Tribunale di Verona ha disposto l’archiviazione.


Sul finanziamento della politica bisogna correggere le regole

di Anna Finocchiaro

La vicenda che ha coinvolto la Lega ha riportato al centro dell’opinione pubblica la questione del finanziamento della politica. Sulle questioni del bilancio del Carroccio dico solo che sarà la magistratura a chiarire le responsabilità. Per quello che ci riguarda, abbiamo chiesto le dimissioni di Rosy Mauro da vice presidente di Palazzo Madama per difendere la credibilità del Senato e per il bene delle istituzioni. Ma è evidente quanto sia urgente e necessario rivedere le norme che regolano il finanziamento dei partiti. Dobbiamo fare presto, prestissimo. Se non interveniamo, a rischio non sono solo i partiti ma la democrazia come l’abbiamo conosciuta.
Bisogna operare su due versanti. Serve la certificazione dei bilanci dei partiti da parte di una autorità riconosciuta e terza. E poi c’è anche la fondamentale questione della democrazia interna ai partiti: il tema è quello del loro funzionamento, della loro trasparenza. In Parlamento si approvino a breve nuove regole. Ma facciamo attenzione a non illuderci che la democrazia viva senza risorse pubbliche: se si abolissero potrebbero vivere solo i partiti di miliardari, ovviamente a impronta personalistica, o i partiti finanziati illecitamente.
Il tema non è l’abolizione delle risorse pubbliche per la politica (ci sono in tutti i paesi occidentali), ma la loro razionalizzazione (e ricordo che sono state di recente tagliate di molto) e la trasparenza dei bilanci.


Pensioni

Chiediamo subito una soluzione per le 350 mila persone intrappolate dalla riforma

Il Pd non lascerà soli i 350mila lavoratori intrappolati dalle nuove norme previdenziali e che ora si trovano a dover affrontare i prossimi anni senza lavoro, pensione o sostegno al reddito. Abbiamo riproposto le nostre richieste, già avanzate con numerosi atti parlamentari, durante una conferenza stampa tenuta a Montecitorio per dire al ministro Fornero che l’emergenza creata dalla riforma previdenziale deve trovare risposte: il governo ha promesso una soluzione entro giugno ma le risorse stanziate dal dl Milleproroghe – circa 245 milioni – sono sufficienti solo per risolvere i casi di 65mila lavoratori. Perciò noi chiediamo che le risorse siano triplicate: basta conoscere le storie concrete di alcune persone vittime di questo cappio giuridico – noi abbiamo raccontato 18 casi (che trovate qui allegati) in altrettante interrogazioni – per capire che una soluzione va trovata e subito. Così come non è accettabile la ricongiunzione onerosa dei contributi, costosa, ingiusta e sbagliata: noi non vogliamo consentire che si paghino due volte i contributi per la stessa pensione. Per questo chiediamo che la nostra proposta di legge sia discussa quanto prima dall’Aula e vogliamo dal governo cifre documentate sui risparmi della riforma e sulle coperture necessarie per venire incontro a questi lavoratori.

 

Documento elaborato dai deputati Pd della commissione Lavoro


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