Bando regionale per diffusione wifi

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Con avviso sul BUR del 11 aprile 2014 la Regione Veneto ha messo a disposizioni fondi per 2 milioni di euro per azioni ed investimenti legati allo sviluppo e diffusione delle reti wifi, la cui diffusione è stata definita strategia dalla stessa Regione che considera la connettività in mobilità sul territorio veneto un servizio di base grazie al quale cittadini, lavoratori, turisti, ecc. possono avere accesso anche a servizi on-line evoluti.

A tale scopo, come gruppo consiliare “Partito Democratico – Nuove Prospettive” abbiamo inviato in data 29 aprile una  raccomandazione (scaricabile al link riportato sotto) al Sindaco e all’Assessore competente affinché valutassero attentamente l’opportunità di presentare domanda per il suddetto finanziamento volto alla realizzazione, estensione, potenziamento e aggiornamento tecnologico di reti wifi pubbliche denominato “Veneto Free Wifi”, con l’obiettivo di creare di nuovi hot-spot wifi pubblici nelle frazioni comunali attualmente non dotate del servizio.

 

Testo Raccomandazione (pdf)


La crisi del lavoro a Sona

Quello della mancanza di lavoro è un problema che ormai da alcuni anni tocca anche i nostri territori, zone che sono sempre state considerate “isole felici” dal punto di vista economico.

Ma quanto grave è la situazione?

Il nostro circolo assieme alla lista Nuova Prospettive ha deciso di approfondire questa tematica organizzando un incontro per questo lunedì alle ore 21.00 presso le scuole medie di Lugagnano. Non abbiamo la pretesa, ovviamente, di risolvere tutti i problemi; questo incontro vuole essere un momento di riflessione, un’occasione per fare un quadro della situazione attuale e delle prospettive future, ma nelle nostre intenzioni anche l’inizio di un ciclo di incontri che andranno appunto ad approfondire e cercare di trovare possibili soluzioni alle varie problematiche lavorative presenti sul nostro territorio.

Vi aspettiamo.

Locandina Crisi Lavoro


Proposta per gli scrutatori

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Il prossimo 25 maggio ci saranno le elezioni Europee. 
L’Amministrazione Comunale, responsabile dell’organizzazione dei seggi, ha il compito di individuare gli scrutatori che dovranno presenziare alle operazioni di voto e di spoglio. 
Il nostro Comune attualmente è privo di un regolamento che individui dei criteri per la scelta dei suddetti scrutatori, che vengono quindi nominati dai componenti della Commissione Elettorale tra tutti i cittadini che risultano gli iscritti nell’apposito elenco presente presso l’anagrafe del Comune.
Il compito dello scrutatore è delicato e quindi è giusto che vengano individuate figure capaci all’altezza delle incombenze burocratiche elettorali. Per queste ragioni, spesso, la scelta delle persone incaricate alle operazioni avviene sulla base della conoscenza diretta e personale dei componenti della Commissione Elettorale.
Fatte queste dovute premesse, come gruppo consiliare composto da lista civica Nuove Prospettive e Partito Democratico riteniamo che la scelta delle persone chiamate a svolgere il ruolo di scrutatore debba tenere in considerazione le situazioni di particolare difficoltà economica, che purtroppo stanno riguardando molti nostri concittadini.
Per questo, attraverso il nostro rappresentante Enrico Cordioli, membro della suddetta Commissione Elettorale, abbiamo proposto che la selezione avvenisse tenendo conto, anche informalmente, delle eventuali situazioni di disagio economico segnalate dai servizi sociali comunali.
La nostra proposta, purtroppo, non è stata accolta.
Ce ne rammarichiamo ed auspichiamo, ugualmente, che per le imminenti elezioni europee, ferma restando la necessità di valutare la competenza e/o capacità che permettano di svolgere al meglio il compito assegnato, la scelta possa avvenire privilegiando i lavoratori disoccupati o gli studenti privi di reddito.
Ci sembra una semplice azione, un piccolo segnale per dare un aiuto ed offrire occasione di reddito a chi è più in difficoltà.

Gruppo Consiliare “Nuove Prospettive – Partito Democratico”


Resistenza: un monumento da preservare

“Lo avrai
camerata Kesserling
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi
non con i sassi affumicati dei borghi inermi
straziati dal tuo sterminio
non con la terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non con la neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non con la primavera di queste valli
che ti vide fuggire
ma soltanto con il silenzio dei torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi che volontari si adunarono
per dignità non per odio
decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo
su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi con lo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama ora e sempre
Resistenza.”

Con queste parole, Piero Calamandrei rispose ad Albert Kesselring, il generale nazista che dichiarò di meritare una statua dagli italiani, per l’opera da lui compiuta come comandante in capo delle forze di occupazione tedesche nel nostro Paese (tra le sue “opere”, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, le Fosse Ardeatine…).

Ma lasciando da parte i deliri del generale Kesselring, concentriamoci un momento sulle parole di Calamandrei, in particolare sulle ultime due righe: cosa rimane, oggi, dopo 69 anni, di quel “monumento che sia chiama ora e sempre Resistenza”?
Che cosa rappresenta la Resistenza, ora che i testimoni diretti di quei giorni sono sempre meno?

E, cosa ancora più importante, che cosa rappresenta per noi giovani di 15-20-30 anni, che quelle storie le abbiamo solo sentite dai nonni o lette nei libri?

Come detto, la Resistenza è un monumento, e come tale deve essere trattato: se un monumento non viene curato, protetto, ripulito, finisce per essere rovinato dal vento, dalle piogge, dai ragazzetti che ci scrivono sopra (e sì, pure dai piccioni). E anche per la Resistenza vale lo stesso discorso: se non ce ne prendiamo cura, se la diamo per scontata, quel ricordo viene rovinato. Rovinato dal passare del tempo che offusca la memoria, rovinato da chi dice “A me la storia, la politica, non interessano!”, rovinato da chi cerca di imbrattarlo (come i ragazzetti di cui sopra…o i piccioni, decidete voi) con il fango del revisionismo (che è cosa ben diversa dalla ricerca storiografica, sia chiaro).

Ogni volta che leggo o sento queste derive revisioniste con cui una certa destra cerca di riscrivere la storia della lotta partigiana, giustificando chi ha combattuto per la Repubblica Sociale Italiana o ponendo sullo stesso piano le due fazioni, mi tornano alla mente le parole di Italo Calvino: “Dietro il milite delle Brigate Nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, che di queste non ce ne sono”.

Da qui io voglio ripartire. Dalla consapevolezza che la nostra Repubblica, nonostante alcuni “rami malati”, da estirpare e far rifiorire, ha le sue radici, forti e profonde, nell’antifascismo, nella lotta di Resistenza, su quei monti su cui tanti sono saliti e da cui troppo pochi sono potuti scendere.
Ci ripetono, da sempre più parti, che siamo in un’epoca post-ideologica, che le “grandi narrazioni” sono finite, che i valori del passato vanno messi da parte per guardare al futuro, ma come quellalbero non potrebbe sopravvivere senza le sue radici, così la nostra Repubblica e la nostra Costituzione non potranno mai essere forti, se noi giovani, soprattutto noi giovani, colpevolmente dimentichiamo le loro origini.

E allora mi permetto, molto sommessamente, di contraddire in parte Piero Calamandrei: la Resistenza non è un monumento nella piazza del paese di cui ci ricordiamo il 25 aprile di ogni anno, non può e non deve essere solo questo.
La Resistenza sono le fondamenta su cui ogni giorno dobbiamo costruire la nostra casa, le nostre vite.

Buona Festa della Liberazione a tutti, dunque, a chi “ci crede” e a chi no. Sì, anche a loro, perché, se oggi sono liberi di dissentire, è proprio perché dei giovani come noi hanno dato la vita per liberarci dal giogo dell’autoritarismo fascista.

Ora e sempre, Resistenza.

Dennis Turrin


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