Caro Tosi, quali soluzioni per l’inquinamento?

Caro Tosi, quali soluzioni concrete contro il super-inquinamento?
L’amministrazione di centrodestra, sindaco Tosi in testa, deve smetterla col gioco delle tre carte sull’inquinamento: lo studio sulla qualità dell’aria che loro stessi hanno commissionato all’Università di Trento spiega chiaramente e inequivocabilmente che il traffico veicolare rappresenta il primo fattore di avvelenamento dell’aria, altro che riscaldamenti domestici!

Continuano a parlare della necessità di interventi strutturali ma francamente non si comprende quali essi siano: hanno mandato all’aria il progetto della tranvia; del progettato filobus che funziona a gasolio in centro mancano ancora i finanziamenti; continuano a rinviare ogni decisione su eventuali interventi di blocco del traffico, che non saranno risolutivi ma una funzione di educazione e sensibilizzazione la svolgono pure.

Rinunciano a fare qualsivoglia opposizione concreta al progetto delle tangenziali a pagamento, limitandosi a criticarlo soltanto a parole. Non dimostrano alcuna attenzione per i temi della mobilità ciclabile, che pure tanti problemi potrebbe risolverli. Continuano a sbandierare risultati nel campo del fotovoltaico che tuttavia non incide sui livelli di inquinamento.

In breve, non mettono in campo nessuna strategia concreta verso i problemi che oggi sono all’ordine del giorno, limitandosi ad attendere che la tempesta passi. Intanto, in città aumentano le morti per patologie riconducibili all’inquinamento dell’aria e aumentano esponenzialmente le malattie respiratorie nei bambini e negli anziani e quelle cardiovascolari nella popolazione adulta.


Disastro Scuola

La Fondazione Agnelli fa l’ennesima indagine sulla scuola e presenta il risultato: la scuola media è al disastro. Dopo anni e anni di egemonia berlusconiana e della destra, la scuola pubblica ormai è ridotta al lumicino.
Da La Stampa. Articolo di Flavia Amabile. “La scuola media esce a pezzi dall`analisi della Fondazione Agnelli. Il rapporto del 2011 è tutto dedicato al ciclo intermedio dell`istruzione: 160 pagine di numeri e analisi che descrivono un fallimento. Che altro si potrebbe dire di una scuola da cui 1 professore su 3, se può, scappa? O dove addirittura si trovano insegnanti (quasi uno su dieci) che non esitano a criticare il loro stesso mestiere? Persino un maestro (o una maestra) su 4 delle elementari la considerano un disastro, anche se si tratta di un ciclo superiore e quindi una specie di traguardo a cui aspirare. Nulla, bocciata anche da loro. Insomma qualcosa non va nelle scuole medie italiane. L`ex ministro dell`Istruzione Mariastella Gelmini probabilmente la considererà per sempre la sua riforma mancata, l`ultima, quella che avrebbe completato la sua opera. Non è detto che gliel`avrebbero permesso nemmeno se il governo Berlusconi fosse rimasto in carica l`intera legislatura ma per non perdere tempo stava preparando una riforma dell`esame di terza media. E comunque alla fine i ragazzi e le famiglie italiane dovranno convivere con la secondaria inferiore ancora per un po`. Non è un bel vivere a giudicare da quel che si legge nel Rapporto 2011 della Fondazione Agnelli. I professori potrebbero essere i nonni dei loro alunni. Se i docenti italiani sono già i più anziani all`interno dell`Ocse, quelli delle scuole medie detengono il primato assoluto: sono più vecchi persino di quelli delle scuole elementari e superiori italiane, età media dei prof di ruolo di oltre 52 anni, e una loro concentrazione soprattutto nella fascia fra i 58 e i 60 anni. Nessun insegnante di ruolo ha meno di 35 anni. E comunque trovarne è una vera rarità: oggi si diventa di ruolo a oltre 40 anni, il doppio rispetto a quello che avveniva all`inizio degli Anni Settanta. Quel che più lascia sbigottiti è che i meno soddisfatti della propria formazione sono proprio loro, i prof. Le tecnologie? Il 46% ritiene inadeguata, o poco adeguata, la propria preparazione contro il 39% degli insegnanti delle elementari e il 43% di quelli delle superiori. La multiculturalità?
Non ne parliamo: il 44% dei prof delle medie si ritiene non all`altezza rispetto al 27% delle elementari e il 43% delle superiori. Persino per comunicare con i genitori il 47% ritiene di non avere gli strumenti necessari invece del 30% delle elementari e del 45% delle superiori. Stesso discorso per la gestione della classe: il 39% non si ritiene preparato a sufficienza contro il 21% delle elementari e il 36% delle superiori. Come sintetizza il Rapporto, sono «poco attrezzati per affrontare i profondi cambiamenti che interessano gli studenti preadolescenti e l`organizzazione scolastica». Una simile catastrofe non può non fare vittime. Innanzitutto i preadolescenti italiani vanno a scuola meno volentieri dei loro coetanei stranieri. Solo il 17% dei maschi e il 26% delle femmine di undici anni è contento di stare in classe, un gradimento quasi tre volte inferiore rispetto a quello di Germania e Inghilterra e comunque molto più basso della media europea del 33 e 44%. Ma il gradimento cala ancora se si considerano i ragazzi dopo tre anni di medie. A 13 anni a dirsi contenti di andare a scuola sono solo il 7% dei ragazzi e l`11% delle ragazze italiane. In tutti gli altri Paesi invece, il gradimento aumenta. Come sempre a rimetterci davvero sono i deboli. «La famiglia continua ad avere un ruolo decisivo e crescente nel tempo – sottolinea l`analisi. Chi ha genitori con al massimo la licenza media ha una probabilità tre volte più elevata di essere in ritardo in prima media e quattro volte più alta in terza media. Chi viene da una famiglia povera ha il 60% di probabilità di essere in ritardo rispetto a chi ha un benessere economico elevato. E gli immigrati figli di stranieri – nati però in Italia – che iniziano le medie in condizioni di parità rispetto agli italiani possono perdere terreno anche di 3,5 volte entro la terza media. «La scuola media fallisce proprio dove la scuola primaria riesce: contenere l`influenza delle differenze sociali nei livelli di apprendimento», conclude senza sconti il Rapporto”.


La strada del PD in questa crisi – Intervista a Bersani sul Messaggero

Da Il Messaggero

Il governo di Parigi parla di un patto Francia-Germania-Italia per rafforzare la disciplina di bilancio. Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, si va verso un’Europa a due velocità? «Se si parla di un lavoro per la modifica dei trattati che renda più coerente il patto a 17 (i Paesi della zona Euro), va bene. Tuttavia, intanto che si prepara una riforma dei trattati noi rischiamo la pelle. Stiamo vivendo una contraddizione micidiale: mentre discutiamo giustamente di una necessaria disciplina dei bilanci, noi non abbiamo una garanzia collettiva a tutela dell’Euro. Questo è il punto irrisolto. Deve essere affrontato con assoluta urgenza, lavorando (anche dentro gli statuti attuali) ad un ruolo della Banca centrale europea triangolato o con il Fondo monetario, soluzione non gradevolissima, o triangolato con la trasformazione del Fondo salva stati in una banca. Ma qualsiasi sia la tecnica, se stiamo solo alla disciplina di bilancio, rischiamo di arrivarci morti». C’è chi denuncia l’egoismo di Francia e Germania. Lei ha qualche rimprovero da fare a Sarkozy e Merkel?

«Purtroppo si è coltivata nelle opinioni pubbliche europee, in particolare sotto la spinta politico-elettorale della destra, l’idea che uno si salva da solo e che c’è una distinzione tra virtù e vizi per cui i vizi sono sempre quelli dell’altro. Tutto ciò, unito a un certo lassismo in diversi paesi, ha provocato una miscela esplosiva che ha portato all’impotenza il sistema. Manca lo scatto di orgoglio europeo. Se ci fosse, in poco tempo la fiducia tornerebbe. Non vedo nell’immediato la possibilità di questo scatto. Aspettiamo il precipizio e forse arriverà». In Italia c’è un nuovo governo e qualche critica a Monti è già arrivata, soprattutto sui tempi di azione di fronte alla crisi. «Il Pd sarebbe l’unico a poter tirare per la giacca Monti perché siamo i soli che diciamo da tre anni che il Paese va incontro a guai seri. Tanti di coloro che adesso si agitano, negli anni in cui si dormiva non hanno suonato la sveglia. Io sono per dare gli otto giorni a un governo che arriva, dopodiché i provvedimenti hanno una loro urgenza e devono essere incisivi. E non credo che le sollecitazioni che arrivano siano disinteressate. Quando sento dire che non basta Monti per risolvere la questione dello spread, vedo un segno di irresponsabilità. Di chi non ha capito quanto grave sia il problema». Le ricette per risolvere il problema. Si parla di Ici, Iva, meno tasse sul lavoro. E patrimoniale. Forse. «Il quadro è segnato dalla necessità di consolidare la manovra per il pareggio di bilancio. L’operazione da fare deve essere caratterizzata dall’equità e tener conto che è già un mese o due che siamo in recessione. Quindi serve una manovra che abbia il minimo impatto recessivo. Noi portiamo le nostre proposte: le risorse vanno cercate là dove c’è stato meno disturbo e quindi pensiamo a un’imposta sui grandi patrimoni immobiliari; un’azione credibile sul lato dell’evasione fiscale; siamo molto prudenti, invece, su provvedimenti che riguardino l’Iva perché l’Italia è un paese in cui l’effetto inflazionistico, anche quello di una piccola mossa sull’Iva, è rilevantissimo; lavoriamo poi a un pacchetto di proposte che riguardino da un lato risparmi sulla pubblica amministrazione e dall’altro le liberalizzazioni; riteniamo che per dare un minimo di sostegno alle attività in senso anti-recessivo bisogna lavorare sull’immediata partenza di piccole opere pubbliche e private, e dunque pensiamo a una limitata deroga al piano di stabilità dei Comuni».L’impostazione data da Elsa Fornero al dibattito sulla riforma delle pensioni va nella strada giusta? «Questa ministra ha mostrato grande competenza e serietà. E’ positivo che parli di equità perché non possono esserci dentro il sistema delle situazioni di privilegio o di mancato rapporto tra versamenti e prestazioni. E vale per tutti, a cominciare dalla politica e dai vitalizi dei parlamentari. Ha ragione Fornero, si tratta di una riforma da accelerare più che da rifondare. A noi interessa che dentro il sistema del welfare, quel che si risparmia venga orientato non a chiudere dei buchi di bilancio, ma a dare una prospettiva alle nuove generazioni». Lavoro e welfare. L’accordo tra Fiat e sindacati a Termini Imerese è un buon risultato? «E’ una bella novità rispetto al recente passato.

C’è qualcuno che chiama i protagonisti e vede di trovare una soluzione. Bene ha fatto Fornero, comunque, a richiamare Fiat a chiarire meglio qual è il suo impegno nazionale. Mi auguro che il governo sia finalmente in condizione di chiamare il Lingotto a discutere del piano industriale». Berlusconi apre la campagna elettorale. Un Pdl che oscilla tra appoggio a Monti e attacchi a Monti è un pericolo per la tenuta del governo? «Certo non è una medicina. Ma l’asse fondamentale del mio partito è l’Italia, e dunque mi rifiuto di mettere nel mirino Berlusconi. Dica quel che vuole, se ritiene che sia il momento di cominciare la campagna elettorale, è un lavoro che farà da solo. Io non lo faccio. Punto e basta». Casini sostiene che sull’appoggio a Monti si ridefiniscono le alleanze future. I vostri alleati Di Pietro e Vendola sono piuttosto critici. La foto di Vasto esiste ancora? «Vorrei dire che tutti hanno guardato la foto di Vasto ma nessuno ha ascoltato il sonoro. Io ho parlato di alleanza dei moderati e dei progressisti. Certamente il passaggio Monti non è irrilevante per le prospettive politiche. Non c’è un tavolo di maggioranza, noi andiamo quando Monti chiama, ma questa fase dà anche la misura del senso di responsabilità verso il Paese che ognuno si prende. Il mio orizzonte resta una alleanza di legislatura tra moderati e progressisti per una decina di riforme sulla democrazia e sul sociale. Perché non basterà la transizione. Dopo questi 15 anni bisogna riformulare una prospettiva per il Paese. Io vedo positivamente quel che dice Casini, ma non posso ignorare le posizioni di Vendola, che non ostacolano affatto un passaggio delicato come questo. Anche io misurerò tutti quanti dall’assunzione di responsabilità che ci sarà. Chi vuol salvarsi da solo sbaglia strada». Il Pd ha qualche problema interno, con i Liberal che chiedono le dimissioni del responsabile economico Fassina. «C’è uno sport a descrivere sempre il Pd come imbarazzato e diviso, senza accettare il fatto che noi discutiamo all’aria aperta. Però dico questo: si leggono le posizioni di Fassina (più che di Fassina sono le posizioni deliberate dalle nostre assemblee) come tesi di una sinistra impotabile, mentre si tratta di idee liberali discusse ovunque: il fatto che le sole misure di rigore e di austerità non accompagnate da politiche di equità e di crescita ci portino contro un muro, è teoria condivisa da tutti i liberal del mondo. Noi non facciamo una politica laburista, ma sociale e liberale». Si torna a parlare di un congresso del Pd in primavera. «Se si fa il congresso dovrei saperlo, non trova? Non mi risulta. In ogni caso queste voci non sono da attribuire a un disagio. Semmai sono voci che richiamano la possibilità di investire ulteriormente sui risultati che stiamo incassando in termini di consenso. A queste buone intenzioni rispondo così: prima di tutto l’Italia, noi veniamo dopo». Due temi nell’agenda del Parlamento. Torna attuale la riforma elettorale e voi rilanciate la legge sulla cittadinanza per i figli di immigrati nati in Italia. Ce la farete? «La riforma elettorale è importantissima. C’è la possibilità di lavorare a una legge che preservi il bipolarismo e che eviti la nomina dei parlamentari. Quanto alla cittadinanza, il tema è anche politico. La Lega è all’opposizione? Benissimo, vogliamo ancora farci ricattare dal Carroccio? No, basta. Adesso andiamo in Europa non solo con gli spread ma anche con qualche minimo segno di civiltà. Per me questo è un punto abbastanza dirimente». Il Pd farà le primarie per il segretario del Lazio a febbraio. Siete arrivati alla conclusione di un percorso complicato. E tra un anno e mezzo si vota a Roma. Zingaretti sarebbe un buon sindaco? «Intanto chiarisco che non ci sarà nessuna interferenza dei quadri nazionali del partito. Raccomando che tutto si svolga con sobrietà e che si dia luogo a un confronto democratico. Sul secondo punto, devono decidere i romani. Per me Zingaretti è un amministratore ottimo, una personalità notevole, fra le migliori che abbiamo».


Consiglio Comunale del 28 novembre 2011

Questa sera alle ore 20,00, presso la sala consiliare di Sona, si riunirò il Consiglio Comunale.

Ordine del giorno:

1. Approvazione verbali sedute precedenti;

2. Assestamento al bilancio di previsione esercizio finanziario 2011 ai sensi dell’art.
175 del D.Lgs. n. 267/2000;

3. Approvazione del Regolamento attuativo relativo all’applicazione della Legge
Regionale n. 14/2009, cosiddetta “Piano casa”, così come modificata ed  integrata dalla Legge Regionale n. 13 del 8 luglio 2011;

4. Comunicazione al Consiglio comunale in merito all’utilizzo del fondo di riserva
(art. 17 Regolamento di contabilità);

5. Cessione delle azioni della società A.se.P Spa alla società A.se.P. Spa.

6. Esame interpellanze.


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