Albaredo, malapolitica leghista

Il sindaco Paolo Menegazzi ha pensato per sé, per il suo vice e per gli assessori con un esagerato aumento di stipendio (il massimo consentito dalla legge) in pieno disprezzo per la situazione attuale, nella quale vengono chiesti sacrifici enormi a tutti in cittadini per coprire i buchi lasciati proprio dal governo della Lega e del Pdl.

Al Sindaco vanno 2.788,86 euro mensili con un aumento del 125 %

Al Vice Sindaco vanno 1.115,54 euro mensili con un aumento dell’ 80 %

Agli Assessori vanno  780,88 euro mensili con un aumemto del 40 %

Hanno rovinato l’Italia distruggendo i conti pubblici, aumentando le tasse, difendendo sprechi e privilegi e aumentando la disoccupazione. Ora rovinano anche Albaredo D’Adige, lasciando in eredità solo disastri e nuovi debiti.

La Lega, anche ad Albaredo D’Adige, dimostra quello che sa fare meglio: accettare qualsiasi compromesso e qualsiasi legge “ad personam”, pur di ricavarne qualche tornaconto. Lavora sempre e soltanto per sé stessa, mai per i cittadini. Si muove senza sensibilità e incurante della vera solidarietà.
In Parlamento, tra una caciara e l’altra, la Lega si traveste pure da operaia per far dimenticare che fino a ieri colpiva i salari e il welfare.
Non dimentichiamo che per anni al governo ha partecipato al taglio dei servizi sociali, degli enti locali e dei trasporti fino alla vergogna della cancellazione della norma che vietava ai datori di lavoro di far firmare dimissioni in bianco, principalmente rivolta contro le donne che diventavano facilmente scaricabili in caso di maternità.
Non dimentichiamo che al governo ha avvallato l’eliminazione degli anni dell’università e del servizio militare dal calcolo delle pensioni: provvedimenti poi eliminati solo dalle sollevazioni popolari.
Non dimentichiamo ancora che, nell’ultima manovra di Bossi e Berlusconi, nelle deleghe su fisco e assistenza ha previsto, in caso di mancato reperimento di una ventina di miliardi, il taglio drastico al settore assistenziale (comprese le pensioni di reversibilità), alle detrazioni per i mutui casa, alle spese sanitarie e alle detrazioni sui figli a carico.

La Lega locale non poteva che agire con la stessa logica della Lega nazionale.

Ad Albaredo D’Adige ha tagliato i contributi alle scuole materne, gli aiuti alle associazioni, il sostegno alle famiglie e alle persone bisognose. Ha anche ridimensionato oltre l’inverosimile la biblioteca, bloccato per anni l’apertura del nuovo teatro che poteva e può essere punto di riferimento per tutte le attività culturali dei gruppi di volontariato e delle associazioni (ora l’utilizzo è solo parziale e strumentale).
Ha creato da subito disagi con i pazienti e forti contrasti con il personale della Casa di Riposo, proponendo progetti megalomani che, se realizzati senza rigidi criteri di prevenzione e di controllo sulla spesa in fase contrattuale, penalizzeranno irrimediabilmente nei prossimi anni i bilanci comunali.
Ha sguinzagliato scagnozzi per tutti i locali Albaretani a predicare che l’amministrazione è bloccata perché mancano i soldi per via del patto di stabilità che li priva di risorse.
Hanno tagliato, bloccato tutto e tolto ai cittadini di Albaredo D’Adige qualcosa come 100.000 euro all’anno.


“Non licenziare, ma far lavorare”

“La riforma del mercato del lavoro ci vuole ma oggi il problema dell’Italia non è buttar fuori la gente, il problema è come si entra nel mondo del lavoro, come si crea lavoro, come si rende il lavoro meno precario, servono ammortizzatori sociali moderni, perciò bisogna partire da lì e poi fare la sintesi, non discutendo sui giornali. Il governo e le forze sociali si parlino”. Questa la posizione del PD, chiarita dal Segretario nazionale Pier Luigi Bersani.

Riguardo la discussione sull’articolo 18, Bersani ha spiegato: “Nel PD la sintesi c’è, è nei documenti approvati in Assemblea, se nel PD si discute, non significa che ci si divida, questa tesi è destituita di fondamento. Il PD quando è ora c’è ed è solido”.
La strada maestra è dunque quella del dialogo. “La querelle sull’articolo 18 è un falso problema”, come dice anche il presidente del Consiglio Mario Monti.

“Il PD è unito sul fatto che l’articolo 18 non è l’elemento che non fa crescere l’economia”, ha detto il vicesegretario del Partito Democratico, Enrico Letta, intervenendo durante la trasmissione Matrix. “Tutti noi passiamo il tempo incontrando artigiani, imprenditori, aziende in crisi, in ogni parte del Paese e non abbiamo mai sentito menzionare l’articolo 18 come il problema da risolvere”.

Al contrario, Letta ha citato “lo Stato che non paga i debiti, appesantito dall’apparato burocratico e che costa troppo. Sono i grandi licenziamenti collettivi quelli di cui occuparsi in questo momento, guardando ai licenziamenti individuali per affrontarli attraverso un meccanismo di ammortizzatori sociali”.

Altro tema da affrontare, sul quale il PD ha sempre insistito è quello del costo del lavoro: “Il lavoro a tempo indeterminato deve essere quello più vantaggioso, bisogna far pagare di più il lavoro precario, così da renderlo svantaggioso per le imprese”.

Secondo una indagine compiuta dalle Camere di commercio sul tema della domanda e dell’offerta di lavoro, emerge che il vero guaio, per le imprese italiane non è tanto quello dei licenziamenti, dell’articolo 18, o della flessibilità in uscita, ma la mancanza di prospettive a breve termine. Luisa Grion, in un articolo sul quotidiano La Repubblica ha riportato quello che dicono le aziende italiane e che emerge con chiarezza se si guarda all`ultimo Rapporto Excelsior Unioncamere. A frenare l`assunzione è la mancanza di nuove commesse (5,7%) o l`incertezza e la domanda in calo (14,1%), quindi nel 20 %dei casi sono le condizioni di mercato a dettare la strategia. Ecco perché non ci si lancia in nuove assunzioni: il reintegro del dipendente licenziato senza giusta causa c`entra poco e niente.

Che non sia l`articolo 18 a determinare la politica del lavoro di una azienda lo conferma anche Mario Sassi, responsabile del Welfare per la Confcommercio. “A bloccare le assunzioni sono il costo del lavoro e la crisi dei consumi – afferma – in assenza di queste due condizioni non ci può essere occupazione”.

“Due sono i temi che dovremo affrontare – ha spiegato Anna Finocchiaro, presidente dei senatori democratici – il primo è la crescita. Senza crescita non c’è lavoro per nessuno. Il secondo è affrontare la questione di chi ha perso il posto di lavoro, non riesce a ritrovarlo e vede finire gli ammortizzatori sociali. Bisogna fare in modo che finisca la dissipazione di energie e di risorse costituita dal lavoro precario”, ha concluso.

Altra questione importante è quella dei salari italiani, analizzata da Barbara Corrao in un articolo su Il Messaggero, nel quale cita la ricerca “Taxing wages” dell’Ocse, che fotografa anno per anno lo stato delle retribuzioni in ognuno dei Paesi membri dell`organizzazione. Ebbene, le statistiche pongono l`Italia in fondo alle classifiche da parecchio tempo. I salari fermi, i consumi in stallo, le famiglie in crisi alla terza settimana del mese e non sempre in grado di arrivare alla quarta, risparmi che si assottigliano. In sintesi: stipendi troppo bassi. Il salario dei giovani, un problema nel problema.

Anche il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha sottolineato che va affrontato il problema dei bassi salari. “Speriamo che Fornero decida veramente di rimettervi mano – ha commentato Stefano Fassina, responsabile per l’economia del PD – perchè è vero che i salari non hanno tenuto il passo dell’inflazione. E’ vero anche che l’aumento dei salari deve essere di pari passo con la produttività. E’ qui che bisogna agire. Non credo che i salari si possano aumentare per decreto, sgombriamo il campo dai falsi problemi come l’articolo 18 e andiamo a toccare quei nodi che possono migliorare la produttività del Paese”.


“Tosi rimpiange mamma-Roma?”

Prima di portare il Sociale sull’altare sacrificale il sindaco deve riflettere sui soldi che la sua amministrazione ha buttato, a partire dai 700 mila euro usati per sponsorizzare una squadra di calcio privata e passando dai 500 mila usati per finanziare una mostra di dubbio successo.

Governare con il sistema dei trasferimenti statali, cioè con risorse che arrivano già belle che pronte da Roma, è indubbiamente più facile, mentre col nuovo sistema di finanza pubblica locale vedremo di che pasta sono fatti i sindaci, chiamati a decidere il prelievo da applicare alle attività produttive, ai cittadini e sulla qualità dei servizi da erogare.

Ma non era questo, del resto, il risultato cui aspirava anche il federalismo leghista, che aveva previsto per il 2013 la reintroduzione dell’Ici? Perché Tosi oggi se ne lamenta?

Di certo occorre uno stile di governo molto diverso dal “fasso tutto mi” che abbiamo visto finora, con una maggiore capacità di coinvolgimento del Consiglio comunale in primis e, se proprio vogliamo parlare di Sociale, anche del volontariato a cui va finalmente riconosciuto un ruolo attivo nella progettazione degli interventi e non può essere usato soltanto come mero braccio operativo di politiche decise altrove.

Michele Bertucco, candidato sindaco del Centrosinistra



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