Il comunicato de L’Incontro sulle dimissioni del Vice Sindaco
Di seguito potete scaricare il comunicato con cui la Lista Civica L’Incontro ha commentato le dimissioni del Vice Sindaco Gaspare Di Stefano.
Di seguito potete scaricare il comunicato con cui la Lista Civica L’Incontro ha commentato le dimissioni del Vice Sindaco Gaspare Di Stefano.
pubblicato il 12 gennaio 2011 su www.pdverona.it
“La separazione Eni-Snam – ha detto il sottosegretario Catricalà l’altra sera nel corso di Porta a Porta – non è una delle priorità, vedremo se sarà necessaria, ma sul gas esistono tanti altri rimedi che consentono alle imprese energivore di pagare meno il gas”.
Federico Testa e Enrico Morando, rispettivamente deputato e senatore del PD, rispondono contestando la dichiarazione del sottosegretario Catricalà.
“Ciò che il dr Catricalà non dice è che gli “altri rimedi” che attualmente consentono alle imprese energivore – e solo a quelle – di pagare meno l’energia producono corrispondenti incrementi delle bollette per chi energivoro non è, e cioè le imprese, specie di piccole dimensioni, che vedono le loro bollette incrementate al fine di mantenere una possibile competitività del sistema Paese in alcuni settori. Per non parlare poi delle famiglie, per le quali oggi la spesa per gas (in prevalenza riscaldamento) è di circa 1.209 euro su base annua (famiglia ‘tipo’ con consumi pari a 1.400 metri cubi), rispetto ai 1.050 euro del 2011 e ai 1.013 del 2010.
Infatti, come recita la recente segnalazione del 5/01/12 della AGCM (che il dr. Catricalà ha per molto tempo presieduto), “i prezzi all’ingrosso del gas si mantengono strutturalmente più alti che nei principali paesi europei con un pesante effetto di deficit di competitività dell’industria nazionale rispetto alla concorrenza europea. I prezzi del gas naturale definiti dai mercati all’ingrosso italiani sono strutturalmente superiori (ultimamente sino a 9 €/MWh, pari ad almeno il 20-25% in più) ai prezzi prevalenti sui mercati all’ingrosso più liquidi dell’Europa settentrionale (TTF)”: e visto che in Italia più del 60% dell’energia elettrica si fa con il gas, sono evidenti le ricadute più generali sul sitema–paese.
La stessa AGCM quindi prosegue affermando che “al fine di introdurre incentivi ad una gestione delle attività di trasporto e di stoccaggio di gas coerenti con i necessari investimenti in nuove infrastrutture e di consentire al gestore della rete di svolgere con terzietà il ruolo sistemico conferito dall’avvio del nuovo sistema di bilanciamento di merito economico, si può ipotizzare un percorso che porti alla separazione proprietaria della rete di trasporto e delle infrastrutture di stoccaggio attualmente controllate dall’incumbent Eni”.
Alla luce di tutto questo, noi non concordiamo con il dr. Catricalà: per i cittadini e le imprese italiane è prioritario operare sulla struttura del mercato del gas, realizzando quella separazione proprietaria dell’asset-rete di trasporto che, più efficacemente di qualsiasi altra soluzione, può garantire la reale concorrenzialità in un mercato strategico per la competitività del Paese”.
Per approfondire:
http://cambiamentoorg.blogspot.com/2011/12/federico-testa-politica-energetica-nel.html
http://cambiamentoorg.blogspot.com/2011/11/federico-testa-bollette-luce-e-gas.html
Riportiamo l’intervento con il quale il Segretario Nazionale indica le priorità per dare una prospettiva migliore al Paese.
L’agenda di Bersani per le riforme
Abbiamo davanti un anno arduo e non semplice da interpretare. Vale forse la pena di “progettarlo” un po’, togliendo di mezzo un eccesso di fatalismo. Vorrei cominciare con qualche prima idea.
1. La scena si apre sull’Europa. Fino ad ora le decisioni sono state deboli. L’agenda da qui a marzo di per sé non rassicura. Nelle opinioni pubbliche è ancora dura come il marmo quell’ideologia difensiva e di ripiegamento che le destre europee hanno coltivato, ricavandone inutili vittorie, e che i progressisti non hanno potuto o saputo contrastare, ricavandone larghe e dolorose sconfitte.
Inutile illudersi. O si mette in comune rapidamente e seriamente la difesa dell’Euro (vincoli di disciplina, strumenti efficaci e condivisi contro la speculazione e per la crescita, politiche macroeconomiche coordinate) o sarà il disastro. Se davvero l’Italia è troppo grande sia per fallire che per essere salvata, allora è troppo grande anche per stare zitta.
È tempo che ciascuno di noi faccia la sua parte in Europa; il Partito Democratico sta lavorando per la piattaforma comune dei progressisti europei. Ma è tempo anche di fare qualcosa assieme, qui in Italia. Governo e forze politiche possono determinare una posizione nazionale. Il Parlamento (che non esiste solo in Germania!) può articolarla e assumerla. Il nostro Presidente del Consiglio può interpretarla e gestirla al meglio. Le idee ci sono e vedo su di esse la possibilità di una larga convergenza.
Il biglietto da visita delle nostre idee in Europa potrebbe essere così concepito: noi continueremo le nostre riforme e ci riserviamo ogni ulteriore iniziativa per rafforzare la nostra credibilità. Ma non faremo più manovre. A chi raggiunge il 5% di avanzo primario che cosa altro si può chiedere? Nel caso, nessuno pensi di trattarci come la Grecia. Come si diceva, siamo troppo grandi e quindi parecchio ingombranti. Se ne tenga conto.
2. Torniamo qui ai nostri compiti. Salvare l’Italia significa, al concreto, contrastare la recessione, produrre crescita e occupazione, dare una prospettiva alla nuova generazione. Salvare l’Italia è possibile solo se cambiamento e coesione si danno la mano. Se coesione e cambiamento diventassero un ossimoro, non ci sarebbe speranza.
L’azione di governo deve dunque possedere un metodo fondamentale e un fondamentale messaggio. Quanto al metodo, emergenza e transizione pretendono una forma particolare di dialogo sociale tale da sollecitare partecipazione e corresponsabilità, salvaguardando comunque la decisione tempestiva. Si può fare e, a parer mio, si deve fare.
Ma voglio sottolineare in particolare il metodo politico. Il Governo troverà la sua forza in un rapporto stabile, permanente e ordinato con i Gruppi Parlamentari; un rapporto da allestire anche nella fase ascendente delle decisioni. Si parli di mercato del lavoro, o di liberalizzazioni, o di politica industriale, di pubblica amministrazione, di immigrazione, di Rai e di cento altri temi, esistono in Parlamento, da ogni lato, idee inevase da anni e non necessariamente divisive.
Dica il Governo il suo piano di lavoro, raccolga dal Parlamento orientamenti e idee e avanzi quindi le sue decisioni e le sue proposte. Noi non pretendiamo il cento per cento di quel che faremmo, e così sarà per gli altri. Ma la trasparenza e la chiarezza servono a tutti. Quanto al messaggio fondamentale, se nell’emergenza è in gioco il comune destino del Paese, si deve innanzitutto promuovere un’idea di comunità degli italiani. Ci si ricordi allora che la solidarietà è la materia prima di una comunità, è ciò che la distingue da una accozzaglia anarchica di interessi.
Se vogliamo farcela, tutti assieme, i riflettori vanno dunque puntati su chi è più in difficoltà. Bisogna predisporre l’aiuto a chi sta vivendo e vivrà le condizioni più difficili, come l’assenza di lavoro, l’insufficienza di reddito o una disabilità abbandonata. Su questo, non ci siamo ancora. Occorre fare di più, cominciando col cancellare qualche inutile asprezza di alcune misure già adottate che suscitano un giusto risentimento.
3. La grande parte delle forze politiche e parlamentari si dichiarano interessate e disponibili ad una iniziativa di riforma delle Istituzioni e della politica. Il Presidente della Repubblica la sollecita autorevolmente. È evidente che un simile percorso significherebbe stabilità per il Governo e maggiore credibilità della politica e delle Istituzioni nella prospettiva della nuova legislatura.
Sto parlando della già avviata adozione di parametri europei nei costi della politica, di riduzione del numero dei Parlamentari, di riforma del bicameralismo, di radicale aggiornamento dei regolamenti parlamentari e, alla luce delle prossime decisioni della Corte, di riforma elettorale. Su tutto questo esistono proposte e appaiono possibili convergenze significative.
Si intende fare sul serio? Intendiamo davvero passare dalle parole ai fatti? Questo pronunciamento tocca innanzitutto ai segretari dei partiti, ovviamente non solo a quelli che hanno votato la fiducia al Governo, ma a partire da loro. C’è poco tempo ed è quindi ora di prendersi impegni pubblici, espliciti e dirimenti.
I tre punti che ho segnalato dovrebbero essere, a parer mio, l’agenda di gennaio. Infine una parola per chi, nel gioco ormai stucchevole fra tecnica e politica, si predispone a promuovere, chissà in quali forme nuove, l’edizione 2012 dell’antipolitica. L’Italia ha già dato.
Per quello che ci riguarda il Partito Democratico ha compiuto un gesto propriamente politico, trasparente e generoso, nel sostenere questa transizione e si predispone ad offrire agli elettori, quando sarà il momento, una proposta riformista e democratica di ricostruzione, alternativa al decennio populista.
Siamo pronti a riconoscere in termini nuovi i codici e i limiti della politica. Anche in questo difficile passaggio, tuttavia, siamo convinti di poterne rafforzare la dignità e l’indispensabile ruolo.
E’ stata approvata una mozione del Partito Democratico che impegna il governo a ridiscutere in sede europea la scelta fatta della Commissione di abolire l’etichettatura sui prodotti destinati alle persone intolleranti al glutine. Nel settore, infatti, la legislazione italiana è all’avanguardia.