Milano e Roma decidono per Verona

Lascia perplessi che, dopo cinque anni di governo, da parte del Sindaco più amato d’Italia non risulti nessuna idea forte di città. Ieri sera Tosi ha fatto il solito elenco delle opere ancora da realizzare: traforo, filobus, inceneritore, arsenale, sistemazione dei musei, salvo lamentarsi della solita burocrazia italiana, che immaginiamo sia la stessa che a Palazzo Barbieri, da lui amministrato, ha impiegato cinque anni per approvare il Piano degli Interventi sulla base di un Pat trovato praticamente già pronto, anche se poi pesantemente modificato. Come volevasi dimostrare, Verona è apparsa molto lontana dall’orizzonte della discussione, e magari lo è anche dai pensieri del Sindaco che, malgrado il suo ultimatum, a dire il vero poco convincente, per la sua candidatura deve continuare a bussare alle porte dei palazzi milanesi e romani. Sempre meglio del vicesindaco che per farsi ascoltare dal suo segretario è costretto a mandare un fax.

Michele Bertucco, candidato Sindaco di Verona per il centrosinistra


Giorno della Memoria

Lettera di Pier Luigi Bersani all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

La Giornata della Memoria è un momento di riflessione su una delle vicende più drammatiche della storia umana. Il ricordo della Shoah era indispensabile ieri, ma lo è ancora di più oggi. Ci spinge a cercare di comprendere per quale via, e seguendo quali aberrazioni dell’animo umano, sia stato possibile arrivare all’abisso, e come evitare che la storia non si ripeta.

Il nazionalismo, il disprezzo che genera l’intolleranza, il populismo, l’ignoranza, il razzismo, furono le cause prime che attraverso un lento scivolamento delle coscienze portarono allo sterminio programmato e di massa di milioni di uomini e donne, anziani e bambini. Esseri umani inermi, vittime di un odio cieco, che non ha limiti, che non si ferma e non riconosce l’umanità in chi è altro da sé.

Proprio la memoria di ciò che è stato deve metterci in guardia di fronte al riemergere di sentimenti di paura dell’altro, di intolleranza, di xenofobia, di razzismo, di antisemitismo, semi amari capaci di far nascere cattivi frutti. Le cronache drammatiche di questi mesi testimoniano del pericolo che incombe sulla nostra comunità nazionale e, più in generale, sull’Europa.
Mi riferisco, in particolare, alla strage di Utoya e a ciò che è accaduto di recente in Italia, a Firenze, con l’uccisione dei nostri fratelli senegalesi Samb Modou e Diop Mor. Due storie violente ed atroci che hanno in comune l’odio per lo straniero e per chi ha idee diverse dalle proprie; idee considerate inaccettabili se diffondono sentimenti di pace, solidarietà e uguaglianza e se sono sostenute da giovani con forti convincimenti politici ed ideali.
Nessun paese può considerarsi al riparo dall’orrore. Dobbiamo dire con chiarezza che i ripiegamenti difensivi e di chiusura, che pure ci sono, non mettono al riparo nessuna comunità dai cambiamenti imposti dalla globalizzazione e dalla crisi di sistema che investe l’Occidente. Dobbiamo dire con forza che chi è chiamato a ricoprire una responsabilità deve preoccuparsi di non alimentare le paure e gli istinti più retrivi dell’animo umano, deve sentire l’urgenza di unire le persone e non di dividerle favorendo la comprensione reciproca. E’ un dovere morale testimoniare ciò che è stato affinché le nuove generazioni siano avvertite che quanto accaduto con la storia tragica della Shoah non debba mai più ripetersi.
Dobbiamo educare i nostri ragazzi a diventare cittadini responsabili di fronte alla vita di ogni persona e a riconoscerne la piena dignità umana, senza differenze di razza o di religione e, più di ogni altra cosa, senza coltivare l’odio. La nostra bellissima Costituzione, nata dalla dolorosa esperienza del fascismo, della guerra e della lotta di liberazione, lo dice con una semplicità e una chiarezza cristallina all’articolo tre: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Dunque devi rispettare il bianco e il nero, l’uomo e la donna, il vecchio e il giovane, e in ugual modo devi rispettare chi è di destra e chi è di sinistra, perché una politica che si alimenta di odio non è politica. Dobbiamo insegnare ai giovani a difendere i propri convincimenti profondi con forza e determinazione, ma non al punto da odiare chi la pensa in maniera diversa.
Io credo che sia questo il significato più giusto per celebrare con spirito positivo la Giornata della memoria: ricordare la persecuzione e lo sterminio del popolo ebraico e di tutti coloro, militari, civili e politici, che furono deportati nei campi di sterminio nazisti, affinché il loro sacrificio non sia consegnato all’oblio, e riflettere sul valore della dignità e del rispetto dei diritti di ogni essere umano. Mai più, è stato detto e ognuno, per la propria parte, deve fare in modo che mai più sia.

Su De Falco, Schettino e gli Italiani…

Riportiamo questo pezzo, perché oltre a condividerne la maggior parte dei contenuti, ci sembra anche un’occasione di riflessione.

fonte: http://donzauker.it/2012/01/19/il-suo-nome-e-de-de-falco/

—-

E così il comandante De Falco è il nuovo eroe nazionale. La registrazione della sua telefonata con il comandante Schettino ha fatto il giro del mondo e da giorni, soprattutto su internet, non si parla d’altro.
Ci si esalta nel citare i passi salienti della telefonata, nel lodare la risolutezza e il piglio autoritario di De Falco, dinanzi alla pochezza, all’imbarazzo e allo stato confusionale di Schettino.
Noi italiani siamo fatti così.
Amiamo l’uomo forte, non c’è niente da fare.
E quando il forte umilia, disprezza e comanda il debole (sì, in quella situazione Schettino era oggettivamente in condizione di inferiorità; scioccato, spaventato e sorpreso con le mani nel sacco della propria incapacità e vigliaccheria) quando lo riporta, dall’alto della propria autorità, della propria competenza e della propria superiorità, al rispetto delle regole, allora proviamo un piccolo brivido sotto lo scroto.
E citiamo a memoria quelle frasi: “Ora comando io! Salga sulla nave, cazzo!!”
E ci esaltiamo, identificandoci in lui.
Sì, amiamo l’uomo forte che fa rispettare le regole e richiama ognuno al proprio dovere.
E, dall’alto della nostra competenza e conoscenza dei fatti, facciamo a gara a richiedere punizioni esemplari.
Quando tocca agli altri, però.
Sì, perché in verità noi siamo un popolo di Schettini. Ma ini ini ini.
Un popolo di furbetti, vigliacchi e bugiardi che, quando tocca a noi di rispettarle le regole, immediatamente gridiamo al regime e allo Stato di Polizia.
Un popolo che si scandalizza più per Schettino agli arresti domiciliari che non per Cosentino in parlamento.
Un popolo che ha scelto per anni di farsi guidare da uno Schettino all’ennesima potenza, infinitamente più vanitoso, vigliacco, bugiardo e incompetente che, dopo aver condotto il Paese al naufragio, se ne è andato con tutti i suoi ufficiali lasciandoci nella mani dell’uomo forte, competente e autoritario.
Che ora ci fa un culo come lo squarcio nella fiancata della Concordia.


Con Monti, ma con le nostre idee

La replica del Segretario del PD Pier Luigi Bersani, ha concluso i lavori dell’Assemblea Nazionale del Partito, facendo una sintesi degli elementi emersi nei dibattiti in plenaria.

Bersani ha ricordato, introducendo il suo intervento, l’anniversario della morte di Enrico Micheli, definito dal Segretario ‘un pilastro autentico delle politiche del centrosinistra, un democratico ante litteram’.

“Questa è stata una bella discussione – ha commentato Bersani – perché quando non ci sono posizionamenti, siamo un gruppo dirigente che si ascolta. È stata un’Assemblea sobria senza lazzi, frizzi e cotillons, perché in questo luogo si discute per cercare di dare la strada giusta ad un grande Partito quale è il nostro. Ieri c’è stata una raffigurazione del protagonismo e comprensione dei grandi temi europei. E in questo senso il nostro Partito possiede la tematica europea più di altri, nel panorama politico”.

Secondo il Segretario però “la domanda che è rimasta inevasa nella discussione di ieri è: perché l’ Europa è andata nell’epicentro della crisi? Dopo l’urto della crisi mondiale – secondo Bersani – si è scoperto che l’Europa non aveva le risorse per agire, e questo perché? Per istituzioni non coerenti, come diceva Gualtieri?”

Il Segretario si è dichiarato d’accordo con questa interpretazione: “C’è un deficit politico in Europa, non ci sono risorse politiche sufficienti. La globalizzazione mondiale, mentre in altri Paesi dell’America Latina ad esempio ha dato una spinta positiva, in Europa ha dato una frustrata micidiale al modello sociale europeo, trapelando una forte carenza di welfare strutturato, una tutela alta del lavoro. Questo è stato scompaginato. Inoltre – ha evidenziato il Segretario – la difesa della frustata, ogni Paese europeo se l’è fatta a casa sua, senza riconoscere nell’Europa un luogo dove si potessero difendere dei diritti acquisiti”.

“Mentre costruiamo la piattaforma europea il tema di fondo è come rifacciamo il nuovo modello di welfare. Noi come PD dobbiamo dare una mano a garantire i meccanismi di crescita tutelando lavoro e o mettendoli in equilibrio il sistema. Tutto in una dimensione europea altrimenti facciamo fatica ad uscire dalla crisi.

*****

Noi siamo a sostegno del governo senza se, senza ma e senza tacere le nostre idee. Più chiaro di così non si può. Siamo stati limpidi chiari e coerenti e diremo la nostra a fin di bene.

Sulle liberalizzazioni siamo entusiasti che sia un governo che sta 8 ore su un pacchetto largo di manovre che abbracciano un universo vastissimo e non 9 minuti e mezzo come il precedente governo. Proporremo in Parlamento di fare di più con emendamenti precisi.

Lavoreremo per incalzare il governo e vorremmo che non si tentasse a riscrivere la storia o a inventare le notizie. Chi ha fatto le liberalizzazioni qualche hanno fa? Sull’Enel, per la telefonia, per le banche? Lo abbiamo fatto noi con una politica coraggiosa a discapito di una destra che ha fatto solo marce indietro. Noi abbiamo il diritto di parlare!”

*****

Pugno di ferro contro i blocchi in Sicilia: “Capiamo il disagio, il problema, c’è stata una prima adesione anche della popolazione a una protesta che è parsa spontanea”, ha spiegato il segretario. “Ma adesso in molte zone della Sicilia un anziano che scende a fare la spesa non trova niente, ci sono blocchi e intimidazioni”, ha ricordato. Dunque, in vista dell’incontro di mercoledi’ del presidente Raffaele Lombardo con il premier Mario Monti, “o fermano il blocco o se non sbloccano si chiamano i prefetti”, ha ammonito.

*****

“La preoccupazione non deve diventare paura, lo ribadiamo. Bisogna esserci e senza paura. Il paese deve percepire che c’è un governo che c’è affronta le difficoltà. Mettiamoci dentro anche il calore della solidarietà. Dopo l’incompetenze e le bugie che ci hanno dato negli ultimi tre anni è bellissimo che finalmente si parla di come affrontare i problemi seriamente.

Noi siamo nel Paese. Ci fermano per strada e ci chiedono risposte. Noi siamo effettivamente a disposizione di chi ci ferma per strada. La porta della nostra casa è solida, noi garantiamo grande impegno e responsabilità.

Ci siamo rafforzati ma abbiamo davanti problemi più importanti su come è messo il paese. Basta con gli umori pessimistici, trasmettiamo solidarietà e unità. Nel panorama storico, non siamo solo un partito: noi siamo una certa idea di democrazia per il nostro paese. Stiamo testardamente portando avanti un modo d’essere di partito perché abbiamo in mente un modo d’essere di democrazia e di politica costruita sul collettivo e fuori da modelli populisti. Abbiamo un mestiere che nessun altro può fare. Come gruppi dirigenti dobbiamo trasmettere fiducia e solidarietà. Solidarietà significa sentirsi definitivamente un partito. Andiamo avanti”.


1 111 112 113 114 115 153