Noi siamo senza padroni

Riportiamo una sintesi dell’intervento che il Segretario Bersani ha fatto in occasione dell’Assemblea nazionale con i Segretari di Circolo PD del 23 giugno.

Dal disagio del paese si pensa di utilizzare scorciatoie per risolvere i problemi o abbracciare la rabbia dell’antipolitica. Noi non siamo così, affrontiamo la battaglia a viso aperto, con il nostro nome e l’orgoglio di essere un partito

 

“Care segretarie e cari segretari, penso voi facciate davvero parte del gruppo dirigente del nostro partito. Oggi tutti voi ci avete fatto fare una bella figura, quella di un partito popolare e del territorio. Il PD tutto è orgoglioso di voi”.

 

Il primo pensiero è stato rivolto la popolazioni colpite dal terremoto. “Non c’è un giorno che passa che non siamo attenti alle esigenze e alle prospettive di ripresa per le zone terremotate. E sia chiaro che non ci siamo dimenticati de L’Aquila”.
“Comprendo bene le difficoltà del vostro lavoro avendo io stesso fatto il vostro mestiere anche nelle condizioni più estreme come lavorare nel retro di un bar o dare un volantino in zone dove non sei ben visto. Noi del PD siamo fatti così perché pensiamo alla politica come esercizio collettivo. Il PD è una sfida per la modernità. Alessandro Di Nicola, il più giovane dei nostri segretari di circolo, oggi ci ha dato il titolo dell’Assemblea: ”noi siamo senza padroni”. Noi non ne abbiamo ad Arcore, a via Bellerio o su Internet. Noi abbiamo un’idea di democrazia per il futuro dell’Italia, contro la deformazione dei nostri principi costituzionali, contro l’idea che il consenso venga prima delle regole, quindi contro ogni populismo e semplificazione, ogni delirio di personalizzazione. Invece noi siamo ‘per’, per una riforma della democrazia rappresentativa, per una legge elettorale affidata ai cittadini, per una legge sui partiti. Noi non immaginiamo una democrazia senza partiti ma neanche un panorama con questi partiti”.

Siamo un protagonista collettivo. Lavoriamo per l’innovazione seppure consapevoli che senza alcuni pilastri e una storia alle spalle, l’innovazione sarebbe solo nuvole. Siamo il partito del lavoro, della Costituzione, dell’unità della nazione, del territorio. Siamo il partito dell’Europa.

Il panorama che abbiamo davanti ci induce al combattimento: l’eccezionalismo italico non è finito ma tende a riprodursi con nuove ricette che si dimostrano sbagliate e che ci allontanano dalle migliori esperienze democratiche nel mondo. Berlusconi è alla caccia sempre del nuovo nome del formaggino, adesso dice che ci deve essere dentro Italia e anche Libertà. Ha rifiutato la mia proposta di chiamarlo ‘W la mamma’.

Ci sono prospettive di partiti per procura dove chi comanda si mette il burqa. Dal disagio del paese si pensa di utilizzare scorciatoie per risolvere i problemi o abbracciare la rabbia dell’antipolitica. Noi non siamo così, affrontiamo la battaglia a viso aperto, con il nostro nome e l’orgoglio di essere un partito. L’unico a chiamarsi tale. Siamo il partito delle feste e della Rete, fieri della nostra autonomia che continueremo a far crescere. In amicizia con tutti ma senza padroni. Noi stiamo con quelli che cercano la libertà.

Mentre rivendichiamo il ruolo della politica dobbiamo abituarci a riconoscerne anche i limiti. Il partito è uno strumento che deve funzionare non per nominare assessori, consiglieri della Rai o dare giudizi sugli europei di calcio. Il partito deve avere un progetto per la città e la nazione, deve saper unire, garantire la solidità del governo. Il partito deve essere un’infrastruttura della democrazia in ogni luogo.
Dobbiamo essere aperti, inclusivi e amichevoli. Sapere tirar dentro e dare la mano. La politica deve sentirsi assolutamente comunità, quel bisogno implicito che esiste sotto la pelle del paese e nella vita reale dei territori. Noi dobbiamo essere amichevoli con tutti coloro che producono coesione.
Noi avremo il battesimo vero del Pd dentro questa crisi, nulla sarà come prima. Siamo al più grande passaggio critico dal dopoguerra, siamo in momento molto, molto difficile, non c’e’ memoria di un trend di arretramento. Si stanno rompendo pezzi nel modello sociale e nell’accesso al lavoro. C’è un senso di impotenza nelle misure per affrontare la crisi.
La proposta che può interrompere il circolo vizioso della austerità, della recessione e del populismo può venire solo con una riscossa e la creazione di una piattaforma progressista europea.

Diamo un segno di discontinuità e interrompiamo il traccheggiamento. Non è solo una questione economica ma sociale e politica. Berlusconi dice che scende di nuovo in campo? Dopo dieci anni della sua cura, non c’è più neanche il campo!

Nel pieno della crisi , la destra influenzata e ricattata dalle grandi ondate populiste ci porterà nuove forme di battaglia. Mentre noi proponiamo e continuiamo a proporre la ricostruzione del tessuto civico, sociale ed economico c’è chi come Berlusconi propone l’uscita dall’euro. Altri potrebbero optare per la non restituzione del debito pubblico. Per rispondere a queste nuove ondate dovremo essere popolari e non populisti: spiegare cosa significa veramente uscire dall’euro. Un crollo di dimensione cosmiche.

Serve la riforma elettorale ma è chiaro che non abbiamo la maggioranza nel Parlamento e c’è chi non vuole davvero cambiare! Esistono dei problemi esistenziali per il Pdl nel cambiare la legge elettorale. Non vogliono i collegi e non vogliono ridare la scelta agli elettori. Qualsiasi sia il meccanismo elettorale che verrà noi faremmo un meccanismo di partecipazione, chiamiamole pur primarie, per la scelta dei parlamentari, con l’avvertenza che dobbiamo avere dei gruppi parlamentari con certe competenze e un mix uomini-donne.

Sarà necessaria una carta d’intenti per discutere del programma e dei suoi contenuti e alla fine di questo percorso la scelta del candidato attraverso delle primarie aperte. E vi assicuro che, finché ci sono io, non ci sarà nessuna rissa, nessuna faziosità, nessuna tifoseria. Io stesso mi ritengo moderatamente bersaniano.

Ci sono capacità cresciute nel Pd, c’e’ una generazione di amministratori locali, gente di qualità, che può e deve caricarsi delle nuove responsabilità per il governo del Paese senza escludere ausilio dell’aiuto di qualche preziosa esperienza.

Quando dico tocca a noi il punto centrale è sempre quello di tener legato il tema sociale e quello democratico. Nessuna ansia dovrà distaccare i due temi. Vogliamo vincere su una prospettiva per il paese e non sulle sue macerie. Mettiamoci in gioco. Saranno mesi molto difficili e poca voglia di andare nei mercati a dare volantini. Ma anche quando ci accuseranno di cose che non sono nostre, se vengono da noi va comunque bene. La politica non è solo applausi, ma è un vero sforzo di militanza. L’Italia ha bisogno che noi siamo più forti. Se ci crediamo migliori, dovremo diventare i migliori. Rincuorarci ci renderà giovani per sempre. Rincuoriamoci con l’impegno che la prima norma del nostro governo dirà una cosa semplice: tutti i bambini immigrati o no, nati in Italia saranno cittadini italiani.



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