Quale futuro per l’impresa in Italia?

Intervista a Matteo Colaninno, deputato, imprenditore ed ex presidente dei giovani industriali, a cura di Antonino Leone pubblicata su Sistemi e Impresa n. 2 – febbraio 2012

 

Quale futuro per l’impresa in Italia?

L’impresa italiana può dare un notevole contributo per uscire dalla crisi economica e finanziaria. Occorre utilizzare i fattori più adeguati  per migliorare la posizione competitiva delle imprese italiane nel panorama internazionale. Di questo argomento ne abbiamo parlato con Matteo Colaninno, il quale è parlamentare e membro della commissione attività produttive e possiede una rilevante esperienza nel mondo imprenditoriale.

Peter Drucker asseriva negli anni ‘70 che l’obiettivo dell’impresa non è la massimizzazione dei profitti. Nel terzo millennio qual è  la funzione sociale dell’impresa?

Drucker, unanimemente riconosciuto come un guru del management, aveva una straordinaria capacità di visione. Oggi possiamo considerare il suo messaggio ancora attuale, poiché la massimizzazione dei profitti o la creazione di valore per gli azionisti non possono essere obiettivi unici e assoluti nel tempo e la crisi che stiamo attraversando lo dimostra. L’approccio dello “shareholder value” che ha dominato il mondo manageriale negli anni più recenti si è infatti dimostrato inadeguato rispetto alla crisi, perché attribuendo un’enfasi eccessiva ai risultati (finanziari) di breve periodo mette in discussione il pilastro fondamentale della continuità aziendale, che certamente poggia anche sulla redditività e sulla solidità aziendale. Lo scenario del dopo crisi richiederà una gestione aziendale orientata alla capacità di adattamento e di innovazione, alla responsabilità sociale. Un’attenzione non più focalizzata esclusivamente sugli interessi degli azionisti, ma diffusa a tutti gli “stakeholders” rappresenta il passaggio decisivo per una rinnovata funzione sociale dell’impresa.

Nel periodo della rivoluzione industriale bastava produrre per conseguire il successo dell’impresa. Oggi invece il successo di un’impresa deriva da tanti fattori interni ed esterni.  Quali sono i fattori più rilevanti per il successo di un’impresa?

La capacità competitiva di un’impresa dipende da un “mix” di fattori, il cui peso può variare sensibilmente nel tempo o da settore a settore. Certamente, guardando anche alle imprese capaci di reagire alla crisi non solo in chiave di resistenza passiva, ma addirittura invertendo la tendenza, molto rilevanti appaiono la capacità di investire in innovazione, la qualità del capitale umano e la proiezione sui mercati globali.

Il sistema economico e sociale di un paese influisce sulla posizione competitiva dell’impresa. Quali sono i punti di forza e di debolezza del nostro sistema che influenzano la vitalità e la crescita delle imprese?

Tradizionalmente, l’impresa italiana ha potuto contare su punti di forza come lo spirito di iniziativa, la grande operosità delle persone e il forte legame con il territorio di appartenenza, che hanno determinato la nascita e il successo di un modello imprenditoriale unico. Un risultato eccezionale, raggiunto nonostante i grandi limiti evidenziati dal sistema Italia nel suo complesso: burocrazia eccessiva, carico fiscale e contributivo elevato, deficit infrastrutturale, una finanza per l’impresa del tutto inadeguata. Non possiamo sottovalutare oggi la fragilità del nostro sistema industriale dinanzi alla crisi, né tantomeno le ristrutturazioni aziendali necessarie per ritrovare competitività in uno scenario profondamente diverso rispetto a quello ante 2008.

L’imprenditore a quali fattori interni all’impresa deve porre attenzione per adattare l’impresa ai cambiamenti del mercato?

Non vi è dubbio che i cambiamenti vadano possibilmente anticipati, per evitare pericolosi effetti di spiazzamento rispetto alle previsioni. Se ci riferiamo a cambiamenti di mercato comparabili a quelli devastanti fatti segnare dalla crisi in corso, allora diventano determinanti una dose di flessibilità del ciclo produttivo rispetto a bruschi cali della domanda da un lato e una gestione attenta del capitale circolante per prevenire la “sofferenza” finanziaria, come purtroppo è invece avvenuto per tantissime imprese finite poi in “default”.

Le imprese italiane fanno molto ricorso alle assunzioni precarie per abbassare i costi del personale ed adattare con facilità il proprio organico alla congiuntura. Nel contesto globale la competitività di una impresa può essere realizzata diversamente e con quali elementi?

Una corretta dose di flessibilità del lavoro è essenziale per l’impresa, ma trovo illusorio che un certo abuso di questa leva possa condurre a qualcosa di differente dal rischio di precarizzazione dell’impresa stessa e della società intera. Al contrario, un’impresa che voglia competere seriamente nel contesto globale non può prescindere da un capitale umano di qualità. Ma altrettanto determinanti sono le risorse finanziarie a servizio degli investimenti – sempre più funzionali a una strategia di internazionalizzazione sotto forma di insediamenti produttivi nei Paesi a più alta crescita – e una costante attenzione al rapporto qualità-prezzo del prodotto, a causa di un consumatore medio divenuto molto esigente nei Paesi occidentali.

In questo momento di crisi non è facile per lo Stato trovare risorse ingenti da investire a favore del sistema imprese e nello stesso tempo non è facile attrarre investimenti esteri. Quali sono i motivi che non favoriscono gli investimenti esteri in Italia rispetto agli altri paesi?

La bassa attrattività dell’Italia rispetto agli investimenti esteri è un dato ormai acquisito, che potrebbe risentire anche della decisione di alcuni gruppi stranieri di abbandonare – a torto o a ragione – il nostro Paese nel corso di questi ultimi anni. Le cause dello scarso “appeal” italiano sono numerose e ampiamente analizzate ogni anno dai report elaborati da istituzioni finanziarie e “think tank” di indubbio prestigio e affidabilità. L’Italia è percepita in media come un Paese difficile per “fare business”, a causa di un sistema costoso, poco flessibile e scarsamente efficiente. Sarà difficile rovesciare questa idea fino a quando, ad esempio, non verranno drasticamente ridotti i tempi necessari a tutelare un contratto (1.210 giorni, a fronte dei 518 giorni della media OCSE) e i costi legali, pari al 30% del valore di una causa (in Germania sono la metà).

Quali sono i provvedimenti più efficaci adottati del governo Monti a favore delle imprese?

Il governo Monti già nel “salva Italia” ha previsto alcuni interventi molto utili: la deducibilità dell’Irap dall’Ires, l’irrobustimento dei fondi di garanzia per le PMI e la misura dell’ACE (allowance for corporate equity) per incentivare una maggiore capitalizzazione delle imprese, storicamente caratterizzate da una “leva” eccessiva rispetto al capitale di rischio. Le prime indicazioni in tema di riforma fiscale vanno nella giusta direzione e dobbiamo augurarci che, dopo le persone fisiche, arrivino provvedimenti funzionali all’abbassamento della pressione fiscale e contributiva che grava sulle imprese e sul lavoro.

Quali prospettive di riforma per il mercato del lavoro?

È purtroppo facile ipotizzare che il lavoro almeno per quest’anno sarà ancora in sofferenza, con rischi di ulteriore perdita di occupazione, non solo a causa della recessione economica, ma anche delle ristrutturazioni aziendali a cui ho fatto cenno in precedenza. Guardando alla trattativa in corso sulla riforma del mercato del lavoro, la priorità spetterebbe dunque agli ammortizzatori sociali e alle tutele per i lavoratori. Il dibattito, invece, si è finora concentrato in maniera esagerata sull’articolo 18, che non pare in realtà rivestire un ruolo così determinante perché una maggiore libertà di licenziamento non si traduce affatto in un rilancio dell’occupazione. L’auspicio è che le parti sociali e il governo trovino una sintesi equilibrata, per approvare una riforma certamente utile e importante in un clima di coesione oggi ancor più essenziale del passato per il nostro Paese.


Trasporti, fallimento Lega e PDL.

Trasporto pubblico locale, fallimento totale di Lega e PDL. La soluzione proposta?
Studenti a casa al sabato e aumenti tariffari del 15% sulla Peschiera-Verona

Nell’incapacità di garantire i servizi minimi al trasporto pubblico locale, il centrodestra al governo tanto in Provincia quanto in Regione evidenzia il totale fallimento delle sue politiche dei trasporti e non solo.
Si parte dalla fantasiosa idea dell’Assessore provinciale Mazzi di cambiare il calendario scolastico lasciando gli studenti a casa da scuola il sabato, non tanto per migliorare l’offerta scolastica ma perché sono finiti i soldi e la Regione non riesce a pagare il servizio di trasporto. Grave inoltre il rischio per i lavoratori ATV, che con i tagli dei servizi rischiano di subire impatti negativi sull’occupazione.

Si passa alla delega data alla Regione per bandire la gara per il trasporto pubblico locale, dopo che questa non non riesce a garantire i finanziamenti dei servizi minimi, come già denunciato dal Pd in Consiglio Provinciale.

Oltre a tutto questo si aggiunge un fortissimo rincaro sulla tratta Peschiera-Verona, dove il servizio dell’Atv viene integrato dall’azienda dei trasporti bresciana, la Saia. La giunta provinciale di Verona ha deliberato un nuovo insostenibile aumento della tariffe extraurbana per i cittadini di Peschiera che dal 1°marzo si vedranno rincarare l’abbonamento mensile sulla linea Peschiera-Verona di quasi il 15%. Si tratta di una decisione discriminatoria, perché per il servizio integrato Atv/Saia i cittadini di Peschiera pagano già una tariffa maggiorata del 15% circa. E vessatoria, perché è ormai chiaro che l’amministrazione trova qualsiasi pretesto per far cassa sulla pelle dei cittadini. Lega e Pdl stanno raschiando il fondo del barile nel disperato tentativo di salvare la loro fallimentare gestione amministrativa della Provincia. Lo dimostra anche la farneticante proposta avanzata recentemente dall’assessore Mazzi secondo il quale le scuole dovrebbero adottare la settimana corta, dal lunedì al venerdì, per consentire ad Atv di risparmiare sul servizio di trasporto pubblico.

Il Partito Democratico pretende che l’amministrazione venga a riferire dettagliatamente in Commissione sulla condizione del trasporto pubblico locale e che presenti proposte serie e organiche per far fronte alla crisi.
Basta false promesse che la Regione distribuirà meglio le risorse favorendo Verona, il fallimento delle Lega è sotto gli occhi di tutti e non si può pensare di continuare a taglieggiare i cittadini per i propri errori.

Diego Zardini
Capogruppo PD
Provincia di Verona


Senato discute mozione unitaria per riequilibrio di genere in legge elettorale

Presentata dalle senatrici di tutti i gruppi

Ecco il testo della mozione discussa al Senato il giorno 8 marzo:


” (atto n. 1-00576 testo 2)

Il Senato,
preso atto che:

l’articolo 51 della Costituzione repubblicana recita solennemente che «Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini»;
l’articolo 117, comma settimo, dispone inoltre che le leggi regionali « rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso alle cariche elettive»;
la Corte Costituzionale ebbe a dichiarare (nella sentenza n. 49 del 2003) che «Le nuove disposizioni costituzionali, con cui si è riformulato l’art. 51 nei termini suddetti, pongono dunque esplicitamente l’obiettivo del riequilibrio e stabiliscono come doverosa l’azione promozionale per la parità di accesso alle consultazioni, riferendoli specificamente alla legislazione elettorale». Inoltre, con la più recente sentenza n. 4 del 2010, il Giudice delle leggi ha sottolineato altresì, che la parità di accesso alle cariche elettive rappresenta una facoltà aggiuntiva, che allarga lo spettro delle possibili scelte elettorali, limitato ad una preferenza, introducendo, solo nel ristretto ambito elettorale, una norma riequilibratrice volta ad ottenere, indirettamente ed eventualmente, il risultato di un’azione positiva. In altri termini, è opportuno garantire l’eguaglianza di opportunità particolarmente rafforzata attraverso norme che promuovano il riequilibrio di genere nelle rappresentanze istituzionali;
nell’ambito di tale mutato contesto ordinamentale, con la sentenza n. 49/2003 la Consulta ha ritenuto legittime alcune norme introdotte nella legislazione elettorale della Regione Valle d’Aosta, in virtù delle quali le liste elettorali devono comprendere candidati di entrambi i sessi, a pena di inammissibilità;
il riconoscimento del principio di parità tra uomo e donna fa parte anche degli obiettivi dell’Unione europea (UE) e il principio di non discriminazione, ad esso strettamente connesso, è stato rafforzato dai trattati di Amsterdam e di Lisbona. L’ordinamento comunitario deve, nel suo complesso, adottare tutti i provvedimenti necessari per combattere qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o il credo, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale, anche in campo politico ed elettorale;
con specifico riferimento alla materia delle pari opportunità fra i sessi nell’accesso alle cariche elettive, si ricorda la Convenzione sui diritti politici delle donne, adottata a New York il 31 marzo 1953 (ratificata dalla legge n. 326 del 1967) e la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna, adottata anch’essa a New York il 18 dicembre 1979 (ratificata dalla legge n. 132 del 1985). Tali convenzioni internazionali prevedono per le donne il diritto di votare e di essere elette in condizioni di parità con gli uomini;
considerato che:
il problema della sottorappresentazione delle donne nei luoghi decisionali della politica richiede un intervento urgente, anche di carattere normativo, ancorché in attesa della definizione di un nuovo e diverso sistema di elezione per la Camera dei deputati e per il Senato della Repubblica;
la situazione italiana mette in evidenza, infatti, il persistere di una condizione di disparità politica sulla base del genere, che può essere considerato come uno degli indicatori di un basso tasso di democraticità del nostro sistema. La questione non si limita ai dati quantitativi, ma investe la concreta possibilità per una delle componenti della società di incidere sui processi decisionali e di “fare” le politiche. Per il pieno esercizio dei diritti politici, in particolare del diritto elettorale passivo limitato di fatto per le donne, risultano essere fondamentali le modalità di accesso agli organi elettivi ed in particolare i meccanismi di formazione e selezione della rappresentanza e della leadership. La necessità improcrastinabile di risolvere la disuguaglianza rende il dibattito sulle azioni positive in materia elettorale un elemento centrale della riflessione politica sulla democrazia paritaria;
delibera:
di avviare un percorso volto a promuovere, in tempi rapidi, l’esame, e l’eventuale approvazione da parte dell’Assemblea, di disegni di legge in materia di accesso alle cariche elettive in condizioni di parità tra donne e uomini, nell’ambito della legislazione elettorale, per le circoscrizioni comunali, per i comuni, per le città metropolitane, per le province, per le regioni a statuto ordinario e speciale laddove non previsto, per la Camera dei deputati e per il Senato della Repubblica;
ed impegna il Governo:
a sostenere, nel corso dell’esame dei disegni di legge di riforma del sistema elettorale, iniziative parlamentari finalizzate all’introduzione di un principio di non discriminazione che assicuri un’equilibrata rappresentanza di entrambi i generi. 

1) ADAMO Marilena
2) ADERENTI IRENE
3) ALBERTI CASELLATI MARIA ELISABETTA
4) ALLEGRINI LAURA
5) AMATI Silvana
6) ANTEZZA Maria Papapietro
7) ARMATO Teresa
8) BAIO EMANUELA
9) BASSOLI Fiorenza
10) BASTICO Mariangela
11) BERTUZZI Maria Teresa
12) BIANCHI DORINA
13) BIANCONI LAURA
14) BIONDELLI Franca Maria Grazia
15) BLAZINA Tamara
16) BOLDI ROSSANA
17) BONFRISCO CINZIA
18) BUGNANO Patrizia
19) CARLINO GIULIANA
20) CARLONI Anna Maria
21) CASTIGLIONE MARIA GIUSEPPA
22) CHIAROMONTE Franca
23) COLLI OMBRETTA
24) CONTINI BARBARA
25) DE FEO DIANA
26) DE LUCA CRISTINA
27) DELLA MONICA Silvia
28) DONAGGIO Cecilia Franca
29) FINOCCHIARO Anna Maria Paola Luigia
30) FIORONI Anna Rita
31) FONTANA Cinzia Maria
32) FRANCO Vittoria
33) GALLONE MARIA ALESSANDRA
34) GARAVAGLIA Maria Pia
35) GERMONTANI MARIA IDA
36) GHEDINI Rita
37) GIAI MIRELLA
38) GRANAIOLA Manuela
39) INCOSTANTE Maria Fortuna
40) LEDDI Maria
41) LICASTRO SCARDINO SIMONETTA
42) MAGISTRELLI Marina
43) MARAVENTANO ANGELA
44) MARINARO Francesca
45) MAURO ROSA ANGELA
46) MAZZUCONI Daniela
47) MONGIELLO Colomba
48) NEGRI Magda
49) PIGNEDOLI Leana
50) PINOTTI Roberta
51) POLI BORTONE ADRIANA
52) RIZZOTTI MARIA
53) SBARBATI LUCIANA
54) SERAFINI Anna Maria
55) SOLIANI Albertina
56) SPADONI URBANI ADA
57) THALER AUSSERHOFER HELGA
58) VICARI SIMONA”


Inaccettabile che Pdl non voglia discutere di giustizia e tv

di Anna Finocchiaro

 

Esiste un problema del rapporto tra partiti e governo? No, esiste un problema del Pdl, che non è pronto, ha paura, non vuole affrontare due questioni che sono fondamentali per la competitività dell’Italia, per la sua immagine nel mondo, per la sua modernizzazione.
Parlo della questione della giustizia, a partire dalla piaga della corruzione che costa 60 miliardi di euro l’anno come dice il Procuratore generale della Corte dei Conti, e parlo della riforma del sistema dell’informazione.
E’ possibile che una forza che partecipa a sostenere il governo non voglia discutere di due capitoli così importanti per la crescita dell’Italia e per la sua autorevolezza nel consesso internazionale?
E’ questa la prima domanda da porsi.
La risposta è che con tutta evidenza hanno un problema politico molto serio.


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