Auto blu. Ed il taglio degli Enti Regionali?
BONFANTE (PD): “DOPO UN ANNO NON E’ STATO PRESENTATO ALCUN PIANO DI RIDUZIONE. GIUNTA INADEMPIENTE”.
“Sono ormai trascorsi circa 15 mesi dall’approvazione della legge e circa un anno dal termine entro il quale gli enti, le agenzie e le società regionali, dovevano fornire il piano di riduzione: malgrado ciò in commissione bilancio non è pervenuto alcun dato né alcuna proposta di criteri omogenei di utilizzo delle auto blu”.
La denuncia è del vice presidente del Consiglio regionale ed esponente del PD, Franco Bonfante, che sulla questione ha depositato oggi un’interpellanza, sottoscritta anche dai consiglieri Puppato, Tiozzo, Ruzzante, Fasoli e Pigozzo.
“La legge regionale (la n.1 del 7 gennaio 2011) prevede che ‘gli enti, agenzie, aziende e società regionali o con quota maggioritaria della Regione del Veneto che ricevono contributi in via ordinaria o periodica dalla Regione, sono tenuti a presentare alla Giunta regionale, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, l’elenco delle auto di servizio, le attuali modalità di utilizzo e l’eventuale piano di riduzione; la Giunta regionale, sulla base dei dati ricevuti, previo parere della competente commissione consiliare, definisce criteri omogenei di utilizzo; il mancato invio nei termini stabiliti della documentazione inerente le auto di servizio e il mancato recepimento dei criteri di utilizzo delle auto di servizio, comporta la sospensione di ogni erogazione regionale a favore dei soggetti inadempienti”.
“Dunque – sottolinea Bonfante – la Giunta è inadempiente perché non esistendo ancora alcun elenco delle auto blu o piano di ridimensionamento, doveva scattare immediatamente la sanzione. Il fatto di non applicare la legge potrebbe costituire un danno economico per la Regione e quindi per i veneti. A cosa è dovuto questo mancato rispetto della legge? Come intende – si chiude così l’interpellanza – procedere a questo punto la Giunta?”
Povertà, gestire l’emergenza non è più sufficiente
Povertà a Verona: gestire l’emergenza non è più sufficiente
Lavoro, welfare e sostegno al volontariato le vie d’uscita
I nuovi dati sulla povertà a Verona mostrano una volta di più la gravità della crisi economica in corso, capace di aggredire anche le fasce sociali più insospettabili. Tema inspiegabilmente assente dalla campagna elettorale, che pare più attenta al benessere dei candidati piuttosto che a quello dei cittadini. Fortuna che esistono le associazioni e gli enti caritatevoli. Mi sembra evidente che non si può più pensare soltanto a gestire l’emergenza ma che serva un piano comunale di lotta alla povertà che cerchi di trovare anche delle vie di uscita. Un piano basato innanzitutto su progetto chiaro di città, capace di individuare i settori economici su cui puntare al fine di creare nuove opportunità di lavoro, unica vera via d’uscita dalla povertà. E che contemporaneamente faccia leva sulle forze del volontariato, cattolico e laico già impegnate sul campo, come protagonisti del sistema di welfare locale. Voglio portare alla discussione la costituzione di un fondo di solidarietà su base volontaria per le famiglie in difficoltà, sul modello di quello stanno facendo a Milano, di cui il Comune dovrebbe farsi promotore ma la cui gestione dovrebbe essere lasciata ad un gruppo di personalità di specchiata fama e moralità individuate nella società civile. Credo che su questi presupposti i veronesi che stanno meglio non farebbero mancare la loro generosità nemmeno in queste difficili circostanze.
Michele Bertucco, candidato Sindaco
Ignazio Marino: Urgente tavolo di lavoro per soluzioni
Dopo un’informativa del ministro della Salute Balduzzi al Senato sulla situazione del pronto soccorso
“E’ urgente l’istituzione di un tavolo di lavoro, non possiamo più rimandare l’individuazione di soluzioni per decongestionare i pronto soccorso. Nel nostro Paese registriamo circa 23 milioni di accessi ogni anno, l’80% dei quali sono codici bianchi o verdi. Ciò significa che le persone sentono la necessità di ricorrere al pronto soccorso anche per problemi che potrebbero essere affrontati molto più rapidamente nello studio del proprio medico. Un’altra criticità che appare necessario affrontare è il basso numero di dimissioni che avvengono nei nostri ospedali sede di pronto soccorso durante il fine settimana, mediamente inferiore al 5% del totale (includendo anche i decessi). E’ necessaria ed urgente, quindi, una valorizzazione del ruolo dei medici di famiglia con una organizzazione che renda disponibile l’accesso alle loro cure almeno 12 ore al giorno 6 giorni a settimana.
Lavoriamo, inoltre, per un incisivo ammodernamento tecnologico che consenta agli operatori del 118 di conoscere le disponibilità dei vari ospedali senza mandare e ricevere fax, come avviene nel Lazio, ma con mezzi più moderni.
E, infine, la questione dei piani di rientro non può gravare sui pronto soccorso. Il blocco del turn over, infatti, penalizza pesantemente medici e pazienti. E’ il caso, per esempio, dell’unità operativa di emergenza pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma, che fa fronte ogni anno ad un terzo delle emergenze della capitale e il cui organico è costituito per il 90% da camici bianchi con contratto a termine.”
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