Lega poltrona
Non si tratta di un volantino o di un manifesto realizzato dal Partito Democratico, ma vale la pena menzionare la pubblicazione di poche settimane fa dell’Idv.
Non si tratta di un volantino o di un manifesto realizzato dal Partito Democratico, ma vale la pena menzionare la pubblicazione di poche settimane fa dell’Idv.
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha chiarito ieri la posizione del Pd in una lunga intervista radiofonica.
“Domanda. I mercati restano in difficoltà, lo spread che cammina anche dopo l’insediamento del nuovo governo Monti. Insomma nessuno ha la bacchetta magica?“Siamo in un’altra situazione, perché sarà possibile affrontare problema a fianco dei grandi Paesi europei cercando di correggere la linea della politica economica europea che fin qui si è dimostrata insufficiente e cercando, per quello che riguarda noi, di toglierci dal fronte più scoperto della crisi. Quel che cambia oggi è che siamo al tavolo con i primi paesi d’Europa”.
Alcune misure per il governo. Sarà la patrimoniale il terreno di scontro tra PD e Pdl, visto che Berlusconi ha detto di essere contrario? ”Non esistono linee controverse all’interno del PD. Siamo un partito che discute e al momento giusto decide. Noi abbiamo già posizioni dichiarate: abbiamo presentato un emendamento alla manovra di Tremonti che parlava di imposizioni sui grandi patrimoni immobiliari e abbiamo presentato, quando si parlava di federalismo fiscale, un meccanismo di imposizione fiscale sui servizi erogati a livello locale con grande attenzione per le fasce più deboli. Tutto questo in alternativa alle soluzioni proposte dal governo Berlusconi di taglio lineare alle detrazioni fiscali. Noi abbiamo le nostre proposte e queste sono state presentate in bilanciamento del sistema fiscale che grava troppo sul lavoro e su famiglie e poco sui patrimoni, gli immobili e sull’evasione fiscale”.
La riforma delle pensioni. Su questo si registrano posizioni differenti tra il responsabile economico del PD, Fassina che dice no e il vicesegretario Enrico Letta che sembra molto più disponibile. “Queste domande non si farebbero mai al Partito Democratico americano. Non è che Kerry, Clinton e Obama la pensano sempre nella stessa maniera. Si discute e dopo si stabilisce una linea politica. È molto agevole trovare la posizione del PD sulle pensioni. Noi consideriamo un’area flessibile di uscita dal lavoro tra i 62 e i 70 anni con meccanismi di incentivazione e disincentivazione. Tutto quello che si ricava da questa flessibilità deve essere portato a sostegno della previdenza dei giovani. Questa è la posizione del PD. Siamo in attesa di capire come potrà essere definito l’intervento del governo e siamo pronti a discutere secondo questo criterio in Parlamento. Non pretendiamo che questo governo faccia il 100% di quello che faremmo noi, però le nostre idee saranno al confronto nella sede parlamentare. È questa la nostra impostazione: accettiamo di discutere del tema delle pensioni ma pensiamo che questo tema possa essere affrontato con una logica di flessibilità attraverso meccanismi di convenienza in uscita. Ho apprezzato che il Presidente del Consiglio Monti abbia inteso riaprire un confronto con le forze sociali sulla base dell’accordo del 28 giugno dopo anni nei quali si è puntato sulla divisione. Io mi aspetto che questioni come queste vengano affrontate e impostate nel dialogo sociale”.
C’è da parte dei sindacati una disponibilità dichiarata verso quanto farà questo governo. Ma resta spinoso l’argomento del mercato del lavoro. Monti vuole incontrare le parti sociali e questo ben dispone. “Quello è il punto. Tutto deve essere affrontato con il dialogo sociale. Quanto alla discussione parlamentare, anche in questo caso abbiamo posizioni e documenti approvati sul tema del mercato del lavoro. Noi
operiamo sostanzialmente perché ci sia una progressiva unificazione dei diritti di base dei lavoratori. Non drammatizziamo il tema dell’Articolo 18 perché il 95% delle imprese italiane non è sottoposto all’Articolo 18. Andando alla sostanza e non alle ideologie, se si vuole incominciare ad unificare il mercato del lavoro bisogna che un’ora di lavoro stabile costi un po’ meno e un’ora di lavoro precario costi un po’ di più. Questa è la nostra idea. L’eccesso di precarietà finisce per rovinare le esistenze e per dequalificare il mercato del lavoro. Questo si ovvia sia con delle norme, sia con elementi di convenienza e di costo. Noi abbiamo elaborato idee perché questo sistema dei costi sia più favorevole alla stabilità dell’impiego. Io ti do la flessibilità, ti do una quota di precarietà, però almeno tu mi paghi un po’ di più. È impensabile di aggiustare con interventi di natura fiscale la prospettiva pensionistica se questa non parte da un salario decente quando si è giovani”.
Il governo è composto da tecnici e Monti ha preso tempo per nominare viceministri e sottosegretari rigorosamente tecnici. “Riconsideriamo quanto è successo: in dieci giorni abbiamo cambiato l’universo della situazione italiana e lo abbiamo fatto nelle condizioni che tutti conoscono di un lungo scontro politico. Definimmo e abbiamo tenuto ferma la posizione del PD che puntava ad un’autorevole presenza tecnica perché la tensione politica non imbarazzasse questa soluzione. Ora è chiaro che siamo di fronte ad una transizione e la grande partita sarà giocata con le elezioni. Il presidente del Consiglio è una persona saggia e accorta, farà le sue scelte e, se riterrà, ascolterà la nostra opinione. Certamente c’è un problema di raccordo con il Parlamento: se le figure tecniche e autorevoli che si possono trovare a livello di viceministri e sottosegretari avranno una certa attitudine, magari maturate in precedenti esperienze di dialogo con il Parlamento, tutto risulterà più facile. Noi siamo intenzionati a favorire questa prospettiva”.
È difficile essere collaborativi con persone con cui fino al giorno prima si discuteva anche in modo aspro? “Per noi l’Italia viene prima di tutto. Per l’Italia si può mandare giù anche qualche rospo. Siamo in una situazione atipica: non c’è una larga maggioranza, non c’è una larga coalizione, non c’è un governo d’unità nazionale. C’è un governo di impegno nazionale rispetto al quale ognuno si prende le proprie responsabilità. Noi non mettiamo condizioni ma non accettiamo che altri le mettano. Si discute in Parlamento su quello che dobbiamo fare per salvare il Paese. Se si dice no al fatto che chi ha di più deve dare di più, io non sono d’accordo. Stavolta lo sforzo deve essere fatto da tutti ma , ripeto, chi ha di più deve dare di più e non solo per equità ma perché altrimenti il Paese non ce la fa. Non mettiamo pregiudizi, blocchi e condizioni”.
Torniamo in Europa. Domani inizia il tour di Monti. Nel Pdl dicono che nonostante le dimissioni di Berlusconi, lo spread rimane alto. Secondo lei ci sono anche delle responsabilità di Germania e Francia? “Abbiamo due problemi: uno è legato al venir via dal fronte più esposto della crisi e questo incomincia a vedersi; l’altro, quello principale, è legato alla politiche delle destre in Europa che negli ultimi anni sono state completamente sbagliate. Ci troviamo davanti ad un’Europa azzoppata che non riesce a fare una politica comune seria per affrontare il problema del debito pubblico e degli spread. È cominciato con la Grecia. Per non aver voluto dire va bene paghiamo noi, garantiamo noi e poi facciamo i conti, per egoismi nazionali e chiusure politiche e
culturali, si è lasciato che l’infezione si propagasse. E la Grecia che fa il 3% del Pil europeo è diventata un problema che ha contagiato tutti. Ora bisogna assolutamente invertire questa logica: l’Europa deve essere l’Europa. L’Euro va benissimo, è l’Europa che non va bene. Mi auguro che con il nuovo profilo del governo italiano si sia in condizione di porre anche questo problema mentre facciamo i compiti a casa senza che nessuno ci manda le letterine. E dobbiamo anche dire in sede europea che cosa va cambiato nelle politiche dell’Unione, far fronte comune sul serio, se no non si salva nessuno”.
—
«Che fine ha fatto il distretto di Lugagnano?». Se lo chiede provocatoriamente il Partito democratico di Sona in alcuni volantini diffusi in questi giorni in tutto il territorio comunale. Il distretto sanitario dell´Ulss 22 di via 26 Aprile, chiuso da luglio, avrebbe dovuto riaprire il primo novembre, ma così non è stato. Nella bacheca dell´edificio, sede anche dell´anagrafe, è stato invece appeso un nuovo avviso, in cui si comunica che la chiusura è protratta fino al 31 dicembre.
Per gli autori del volantino, le conseguenze sono facilmente intuibili: «La cittadinanza, per ottenere i servizi che prima poteva comodamente ricevere a pochi metri da casa, è costretta a rivolgersi agli uffici di Bussolengo, fare code infinite e tornare spesso a casa a mani vuote. Senza contare le difficoltà di trasporto e parcheggio che devono affrontare soprattutto gli anziani ed i malati, cioè le fasce deboli della popolazione».
Il Pd chiede quali sono i motivi della chiusura e punta il dito contro l´Ulss, che viene accusata di non aver informato adeguatamente i cittadini e di essersi limitata alla semplice affissione del cartello. Poi passa all´attacco politico: «È questo il federalismo sbandierato dalla Lega Nord e dal Pdl, suo fedele alleato? Se un servizio funziona, viene subito tagliato. Questi sono i risultati di politiche di tagli ai servizi essenziali per i cittadini operati da anni dalla Regione Veneto, guidata da Lega Nord-Pdl. Riducono i servizi e nel contempo aumentano le tasse e i ticket sulla sanità». E prosegue: «Cosa troveremo il primo gennaio 2012, un nuovo cartello che ci avvisa che il distretto sarà chiuso per altri due mesi e forse non riaprirà più?».
Per finire, in grassetto, viene chiamata in causa la maggioranza locale: «Come mai l´amministrazione leghista di Sona non è ancora intervenuta? E se lo ha fatto, come mai non si vedono i risultati?».
«Oltre a ciò che è stato scritto nel volantino», afferma il segretario del Pd di Sona Mirko Ambrosi, «va anche segnalato che la sede attuale del distretto è altamente inadeguata ai servizi erogati, che non si limitano solo alle pratiche amministrative, ma includono anche vaccinazioni e attività ambulatoriali mediche. Lo scorso dicembre è stata inaugurata una nuova sede, all´interno del centro polifunzionale, e ricordo che in quell´occasione il vicesindaco e assessore alle politiche sociali Gaspare Di Stefano aveva assicurato che il trasferimento sarebbe avvenuto nel giro di poco tempo. Mi auguro che, qualora l´Ulss decidesse di riaprire il distaccamento di Lugagnano, questa promessa venga mantenuta». Sulla questione interviene anche Di Stefano, che chiarisce: «Ho parlato con il responsabile del distretto, che mi ha informato che la decisione di interrompere il servizio è dovuta alla momentanea mancanza di personale amministrativo. Da quello che mi ha detto, comunque, si tratta di una sospensione temporanea, non di una soppressione». E aggiunge: «Se il distretto verrà riaperto, spero davvero che possa essere trasferito nella nuova sede, che è stata realizzata proprio su indicazione dell´Ulss e che è molto più accogliente e dignitosa di quella attuale».