Intervento on.le Gianni Dal Moro all’assemblea regionale del partito democratico veneto
3 dicembre 2011 – Padova.
Care democratiche e democratici,
i mercati sono arrivati a pesare otto volte il Pil mondiale e quindi sono in grado di decidere o di orientare i fondamentali di un’economia
Le economie deboli del Mediterraneo: Portogallo, Spagna, Italia e Grecia, sono entrate tutte nell’euro al fotofinish, ma successivamente ben poco hanno fatto per meritarsi l’appartenenza.
1.920 miliardi di euro. È l’ammontare del debito pubblico italiano. Una cifra spaventosa che espone il nostro Paese alla discrezionalità – neutra, benevola o speculativa, a seconda delle inclinazioni – di chi possiede i certificati del debito stesso. Dinanzi a questo, e alla luce di quanto accaduto negli ultimi mesi un interrogativo brutale s’impone: come può l’Italia considerarsi libera e indipendente se i mercati possono, sulla carta, decretarne in qualsiasi momento la bancarotta?
Senza scendere nel dettaglio tecnico della vicenda, un dato politico è ineluttabile: oggi più che mai occorrono scelte strutturali. Oggi più che mai abbiamo l’obbligo di guardare all’Europa con rispetto e buon senso. La priorità deve essere il recupero della credibilità, la reputazione, perduta dalla politica per riconquistare una sovranità economica altrimenti compromessa, senza farci trascinare nella diarchia tra detrattori od entusiasti della lettera della BCE.
Ciò significa essere responsabili e guardare alla BCE non come al luogo dell’elaborazione del pensiero neoliberista e conservatore, in mano ai tecnocrati ma come a un intervento necessario per l’inadeguatezza della politica europea e del governo italiano recentemente dimissionario.
La BCE ha salvato e sta salvando l’Italia ed è bene non dimenticarlo, la responsabilità e’ di chi ci ha portato a queste condizioni, e qui sono molti, e di chi ha sottovalutato la crisi. Attenzioneperché il rischio che vedo e’ di sbagliare bersaglio e di annacquare la vera responsabilità.
Tutti noi, e il Partito Democratico in particolare, dobbiamo essere pronti ad assumerci responsabilità forti, sostenendo in modo determinato, netto e chiaro il Governo Monti, senza rinunciare alle nostre proposte, alle nostre idee, ma senza vincoli e condizionamenti. Il presidente Monti è una persona stimata e riconosciuta come autorevole in Europa, che speriamo attraverso riforme strutturali vere ci faccia uscire dalle secche e dalle gravi difficoltà l’Italia, riducendo il debito e facendo ripartire la locomotiva Italia, predestinata alla recessione con il Fondo Monetario Internazionale ci ha recentemente annunciato.
Di fronte a noi abbiamo scelte difficili ed epocali. Dopo la sbornia del mercato senza regole, però, non possiamo aprire il cassetto dei ricordi e ritirare fuori lo statalismo solo perché si è frantumato il liberismo. In tutto il mondo è in corso un serio dibattito sulla ricerca di un nuovo paradigma di sviluppo capace di reggere il combinato disposto della crisi, della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica, coniugando il tutto con una maggiore giustizia sociale. In tutto il mondo a queste sollecitazioni di carattere generale, legate alle dinamiche dell’economia globale, si accompagnano considerazioni che tengono conto delle specificità dei singoli sistemi nazionali. Apriamo su questo una seria e giusta riflessione, senza guardare nei specchietti retrovisori, ma avendo davanti l’orizzonte di una nuova giustizia sociale tutta ancora da declinare.
Che ci piaccia o meno, oggi, la specificità italiana si chiama “emergenza”. Che ci piaccia o meno, con 80 miliardi di euro di interessi passivi sul debito da pagare ogni anno non possiamo permetterci la supponenza di rispondere alla BCE e all’EUROPA: facciamo da soli, non abbiamo bisogno di voi e dei governi di centrodestra (tutti peraltro democraticamente eletti) che influenzano le nostre scelte.
L’Europa non è un’istituzione à la carte. È un’istituzione punto e basta. Di più Europa abbiamo bisogno, l’Europa dei cittadini, un’Europa con una politica fiscale unica, con un Presidente eletto direttamente dai cittadini europei a suffragio universale. La competizione globale con i BRIC e con gli Stati Uniti d’America ci obbliga tutti noi europei a stare uniti, nessun Stato neppure la Germania potrebbero competere da soli nella sfida con i grandi Paesi colossi emergenti. Tutti saremmo schiacciati. Se penso che qualcuno teorizza ancora i dazi, o di rinchiudersi dentro i propri confini, viene da rabbrividire. Noi del Partito Democratico che siamo gli eredi delle più nobili tradizioni europeiste, di chi ha avviato il percorso ancora incompiuto delle liberalizzazioni, di chi ha fatto il risanamento, di chi ha sorpreso mezzo mondo portando l’Italia nell’euro con un grande sforzo collettivo – dobbiamo oggi più di ieri farci carico di un nuovo disegno europeo ed esserne orgogliosi.
E’ il momento di fare gli Stati Uniti d’Europa.
Oggi c’è un Paese, l’Italia che ha ereditato dalla sua storia recente uno stock di debito pubblico colossale, che da dieci anni non cresce e che non si riforma, che si trova di fronte a delle scelte non fatte, di questo stiamo parlando: di fare scelte strutturali forti per essere ancora a pieno titolo dentro i processi della nuova Europa, pena la marginalizzazione del nostro Paese.
Il Paese non può più permettersi di sottovalutare questa sfida. Dopo un “decennio perduto” (il’FMI ci ha classificati penultimi nel mondo, davanti solo ad Haiti, per aumento cumulato del PIL nel periodo 2000-2010), il sistema Italia deve sventare il rischio-declino che incombe sul proprio futuro.
Rivendichiamone il primato della politica, di una politica Europea in grado di governare i processi, perché di più Europa politica abbiamo bisogno e di una nuova Bce simile alla Federal Reserve, non solo in grado di fronteggiare le speculazioni e l’inflazione, ma in grado di promuovere sviluppo ed occupazione.
Per questo come Partito Democratico sosteniamo convintamente il Governo Monti, perché sappiamo che oggi, in questo tempo, passano le scelte del nostro futuro Paese, per i prossimo vent’anni. Non solo i destini dei nostri risparmi, ma il futuro dei nostri figli.
La sfida, dunque, è di quelle che farà tremare le vene ai polsi: ci sarà uno Stato con meno soldi, che non potrà fare nuovi debiti, ma che dovrà liberare l’economia. Per affrontare questo compito occorre subito uno scatto in avanti. Serve una concorrenza vera per affrancare i mercati da vecchi e nuovi monopoli e consentire a tutti di competere alla pari. Serve un piano di semplificazione burocratico-amministrativa per rendere la vita meno kafkiana a imprenditori e cittadini. Serve ridurre il costo del lavoro, mettendo più soldi in tasca dei lavoratori. Servono la riforma della giustizia civile, una politica selettiva per le infrastrutture, iniziative per sostenere la ricerca e l’innovazione con meccanismi automatici di credito d’imposta, tempi certi per i pagamenti alle imprese. Serve una drastica e credibile riduzione dei costi della politica, serve una modifica del patto di Stabilita che premi gli enti locali virtuosi e sanzioni quelli “spreconi”. Serve una nuova strategia di green economy meno ondivaga e più europea e un politica agricola fatta meno di promesse e più di sostegno intelligente alle aziende agricole oneste. Serve infine una seria e profonda all’evasione fiscale anche con l’introduzione del contrasto di interesse; e tutto, ma veramente tutto il sostegno possibile ai nostri giovani, perché un Paese che non investe sui giovani, non solo non avrà futuro, ma sarà inesorabilmente messo ai confini della modernità.
Siamo un Paese individualista, che e’ stato convinto dal Berlusconismo che e’ meglio fare da soli, e quando non ce la fa arriva ” il ghe pensi mi”. Ora questo, come era ovvio non basta più, serve un scatto collettivo. Meglio dire le cose come stanno, spiegare il progetto per uscire dalla crisi e chiedere a tutti, in modo equo e rigoroso, di partecipare collettivamente a far ripartire il Paese Italia, chiedendo che chi ha di più, aiuti di più l’Italia.
Ci aspettiamo che il Governo Monti, presenti proposte rigorose ma eque, ma sappiamo bene che la malattia è talmente grave che dovremmo forse accettare interventi a noi poco digeribili (speriamo il meno possibile). Ma oggi dobbiamo avere una grandissima responsabilità, mettere alle spalle, mettere alle spalle le nostre storie culturali, i nostri progetti: ora dobbiamo salvare l’Italia.
Diversamente non ci sarà più Monti, ma non ci saremo più noi a rappresentare gli interessi della nostra comunità, perché tutti gli italiani di fronte allo schock del crollo, alla perdita dei propri risparmi dei posti di lavoro, della chiusura delle imprese, ci considereranno tutti uguali e corresponsabili del fallimento dell’Italia.
Dobbiamo trovare, e non è facile, un nuovo punto di equilibrio tra rappresentanza e responsabilità.
E qui sta la sfida del Partito Democratico.
Dobbiamo ritornare a lavorare di più e meglio, dobbiamo ritrovare l’orgoglio e il senso civico di una comunità e riscoprire il valore del sacrificio, non possiamo più
vivere al di sopra delle nostre possibilità.
In conclusione, i denari pubblici sono indispensabili per uscire dalla crisi, ma per questo occorre raccogliere le risorse in modo saggio e non vessatorio, impiegandole in modo equilibrato, riducendo le diseguaglianze, incentivando e disincentivando: esattamente il contrario dei tagli lineari di Tremonti. Per questo, soprattutto, occorre ritornare al Paese delle regole, alla cultura della legalità, al valore civico ed etico della rappresentanza, all’esempio e al rispetto. Al Paese del merito e non delle scorciatoie. Un Paese che semplicemente è incompatibile con la storia, le politiche, i comportamenti del governo che l’ha guidato negli ultimi tre anni.
Nel momento che le forze sociali del Paese e del Veneto hanno mollato o stanno mollando questo centro destra e la Lega e tutte sostengono convintamente il Governo Monti; nel momento che abbiamo l’opportunità di sdoganarci riapprendo canali di contatto e di rapporto con questi mondi, tentando di uscire dal recinto dove siamo stati ingiustamente confinati; possiamo permetterci di perdere questa storica occasione per difendere gli interessi di bottega e di partito? Io penso di no! Penso che dovremmo alzare l’asticella avvicinarsi a questo mondo economico della piccola e media impresa, delle partite iva, dell’agricoltura, agganciandoli ai nostri elettori tradizionali, lavoratori del privato e del pubblico, pensionati, famiglie.
Perché oggi la partita si vince o si perde tutti insieme.
La nostra missione come Partito Democratico è la ricostruzione, è la ricostruzione dell’Italia e per questo dobbiamo avere l’ambizione e l’orgoglio di essere un grande Partito Paese.
On.le Gianni Dal Moro
Deputato del Partito Democratico