Bertucco candidato del centro sinistra

Il Partito Democratico ha vinto le primarie di coalizione.

Verona: Bertucco, sostenuto anche dal PD, è il candidato sindaco del
centrosinistra.

Verona è una realtà importante per il Veneto e per l’Italia e la vittoria
elettorale darebbe una spinta forte alle prospettive nazionali del PD di
guidare il Paese.
Questo era uno dei tanti significati delle primarie di coalizione del 4
dicembre.
Verona ha colto l’occasione, votando e scegliendo il candidato sindaco.
Michele Bertucco, sostenuto anche dal PD, ha vinto ed è la persona giusta
per il cambiamento.
Il Partito Democratico veronese ha dimostrato maturità e preparazione
rispetto all’obiettivo.
Da oggi la discontinuita’ e un progetto chiaramente alternativo alle
politiche di Tosi sono possibili.

  • Michele Bertucco (PD): 2824 – 57,75%,
  • Mario Allegri (indipendente): 1698 – 34,72%,
  • Antonio Borghesi (IDV): 368 – 7,53%

Partito Democratico, Partito Paese

Intervento on.le Gianni Dal Moro all’assemblea regionale del partito democratico veneto
3 dicembre 2011 – Padova.

Care democratiche e democratici,
i mercati sono arrivati a pesare otto volte il Pil mondiale e quindi sono in grado di decidere o di orientare i fondamentali di un’economia
Le economie deboli del Mediterraneo: Portogallo, Spagna, Italia e Grecia, sono entrate tutte nell’euro al fotofinish, ma successivamente ben poco hanno fatto per meritarsi l’appartenenza.

1.920 miliardi di euro. È l’ammontare del debito pubblico italiano. Una cifra spaventosa che espone il nostro Paese alla discrezionalità – neutra, benevola o speculativa, a seconda delle inclinazioni – di chi possiede i certificati del debito stesso. Dinanzi a questo, e alla luce di quanto accaduto negli ultimi mesi un interrogativo brutale s’impone: come può l’Italia considerarsi libera e indipendente se i mercati possono, sulla carta, decretarne in qualsiasi momento la bancarotta?
Senza scendere nel dettaglio tecnico della vicenda, un dato politico è ineluttabile: oggi più che mai occorrono scelte strutturali. Oggi più che mai abbiamo l’obbligo di guardare all’Europa con rispetto e buon senso. La priorità deve essere il recupero della credibilità, la reputazione, perduta dalla politica per riconquistare una sovranità economica altrimenti compromessa, senza farci trascinare nella diarchia tra detrattori od entusiasti della lettera della BCE.

Ciò significa essere responsabili e guardare alla BCE non come al luogo dell’elaborazione del pensiero neoliberista e conservatore, in mano ai tecnocrati ma come a un intervento necessario per l’inadeguatezza della politica europea e del governo italiano recentemente dimissionario.

La BCE ha salvato e sta salvando l’Italia ed è bene non dimenticarlo, la responsabilità e’ di chi ci ha portato a queste condizioni, e qui sono molti, e di chi ha sottovalutato la crisi. Attenzioneperché il rischio che vedo e’ di sbagliare bersaglio e di annacquare la vera responsabilità.

Tutti noi, e il Partito Democratico in particolare, dobbiamo essere pronti ad assumerci responsabilità forti, sostenendo in modo determinato, netto e chiaro il Governo Monti, senza rinunciare alle nostre proposte, alle nostre idee, ma senza vincoli e condizionamenti. Il presidente Monti è una persona stimata e riconosciuta come autorevole in Europa, che speriamo attraverso riforme strutturali vere ci faccia uscire dalle secche e dalle gravi difficoltà l’Italia, riducendo il debito e facendo ripartire la locomotiva Italia, predestinata alla recessione con il Fondo Monetario Internazionale ci ha recentemente annunciato.

Di fronte a noi abbiamo scelte difficili ed epocali. Dopo la sbornia del mercato senza regole, però, non possiamo aprire il cassetto dei ricordi e ritirare fuori lo statalismo solo perché si è frantumato il liberismo. In tutto il mondo è in corso un serio dibattito sulla ricerca di un nuovo paradigma di sviluppo capace di reggere il combinato disposto della crisi, della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica, coniugando il tutto con una maggiore giustizia sociale. In tutto il mondo a queste sollecitazioni di carattere generale, legate alle dinamiche dell’economia globale, si accompagnano considerazioni che tengono conto delle specificità dei singoli sistemi nazionali. Apriamo su questo una seria e giusta riflessione, senza guardare nei specchietti retrovisori, ma avendo davanti l’orizzonte di una nuova giustizia sociale tutta ancora da declinare.

Che ci piaccia o meno, oggi, la specificità italiana si chiama “emergenza”. Che ci piaccia o meno, con 80 miliardi di euro di interessi passivi sul debito da pagare ogni anno non possiamo permetterci la supponenza di rispondere alla BCE e all’EUROPA: facciamo da soli, non abbiamo bisogno di voi e dei governi di centrodestra (tutti peraltro democraticamente eletti) che influenzano le nostre scelte.

L’Europa non è un’istituzione à la carte. È un’istituzione punto e basta. Di più Europa abbiamo bisogno, l’Europa dei cittadini, un’Europa con una politica fiscale unica, con un Presidente eletto direttamente dai cittadini europei a suffragio universale. La competizione globale con i BRIC e con gli Stati Uniti d’America ci obbliga tutti noi europei a stare uniti, nessun Stato neppure la Germania potrebbero competere da soli nella sfida con i grandi Paesi colossi emergenti. Tutti saremmo schiacciati. Se penso che qualcuno teorizza ancora i dazi, o di rinchiudersi dentro i propri confini, viene da rabbrividire. Noi del Partito Democratico che siamo gli eredi delle più nobili tradizioni europeiste, di chi ha avviato il percorso ancora incompiuto delle liberalizzazioni, di chi ha fatto il risanamento, di chi ha sorpreso mezzo mondo portando l’Italia nell’euro con un grande sforzo collettivo – dobbiamo oggi più di ieri farci carico di un nuovo disegno europeo ed esserne orgogliosi.
E’ il momento di fare gli Stati Uniti d’Europa.

Oggi c’è un Paese, l’Italia che ha ereditato dalla sua storia recente uno stock di debito pubblico colossale, che da dieci anni non cresce e che non si riforma, che si trova di fronte a delle scelte non fatte, di questo stiamo parlando: di fare scelte strutturali forti per essere ancora a pieno titolo dentro i processi della nuova Europa, pena la marginalizzazione del nostro Paese.
Il Paese non può più permettersi di sottovalutare questa sfida. Dopo un “decennio perduto” (il’FMI ci ha classificati penultimi nel mondo, davanti solo ad Haiti, per aumento cumulato del PIL nel periodo 2000-2010), il sistema Italia deve sventare il rischio-declino che incombe sul proprio futuro.

Rivendichiamone il primato della politica, di una politica Europea in grado di governare i processi, perché di più Europa politica abbiamo bisogno e di una nuova Bce simile alla Federal Reserve, non solo in grado di fronteggiare le speculazioni e l’inflazione, ma in grado di promuovere sviluppo ed occupazione.

Per questo come Partito Democratico sosteniamo convintamente il Governo Monti, perché sappiamo che oggi, in questo tempo, passano le scelte del nostro futuro Paese, per i prossimo vent’anni. Non solo i destini dei nostri risparmi, ma il futuro dei nostri figli.
La sfida, dunque, è di quelle che farà tremare le vene ai polsi: ci sarà uno Stato con meno soldi, che non potrà fare nuovi debiti, ma che dovrà liberare l’economia. Per affrontare questo compito occorre subito uno scatto in avanti. Serve una concorrenza vera per affrancare i mercati da vecchi e nuovi monopoli e consentire a tutti di competere alla pari. Serve un piano di semplificazione burocratico-amministrativa per rendere la vita meno kafkiana a imprenditori e cittadini. Serve ridurre il costo del lavoro, mettendo più soldi in tasca dei lavoratori. Servono la riforma della giustizia civile, una politica selettiva per le infrastrutture, iniziative per sostenere la ricerca e l’innovazione con meccanismi automatici di credito d’imposta, tempi certi per i pagamenti alle imprese. Serve una drastica e credibile riduzione dei costi della politica, serve una modifica del patto di Stabilita che premi gli enti locali virtuosi e sanzioni quelli “spreconi”. Serve una nuova strategia di green economy meno ondivaga e più europea e un politica agricola fatta meno di promesse e più di sostegno intelligente alle aziende agricole oneste. Serve infine una seria e profonda all’evasione fiscale anche con l’introduzione del contrasto di interesse; e tutto, ma veramente tutto il sostegno possibile ai nostri giovani, perché un Paese che non investe sui giovani, non solo non avrà futuro, ma sarà inesorabilmente messo ai confini della modernità.

Siamo un Paese individualista, che e’ stato convinto dal Berlusconismo che e’ meglio fare da soli, e quando non ce la fa arriva ” il ghe pensi mi”. Ora questo, come era ovvio non basta più, serve un scatto collettivo. Meglio dire le cose come stanno, spiegare il progetto per uscire dalla crisi e chiedere a tutti, in modo equo e rigoroso, di partecipare collettivamente a far ripartire il Paese Italia, chiedendo che chi ha di più, aiuti di più l’Italia.

Ci aspettiamo che il Governo Monti, presenti proposte rigorose ma eque, ma sappiamo bene che la malattia è talmente grave che dovremmo forse accettare interventi a noi poco digeribili (speriamo il meno possibile). Ma oggi dobbiamo avere una grandissima responsabilità, mettere alle spalle, mettere alle spalle le nostre storie culturali, i nostri progetti: ora dobbiamo salvare l’Italia.
Diversamente non ci sarà più Monti, ma non ci saremo più noi a rappresentare gli interessi della nostra comunità, perché tutti gli italiani di fronte allo schock del crollo, alla perdita dei propri risparmi dei posti di lavoro, della chiusura delle imprese, ci considereranno tutti uguali e corresponsabili del fallimento dell’Italia.
Dobbiamo trovare, e non è facile, un nuovo punto di equilibrio tra rappresentanza e responsabilità.
E qui sta la sfida del Partito Democratico.

Dobbiamo ritornare a lavorare di più e meglio, dobbiamo ritrovare l’orgoglio e il senso civico di una comunità e riscoprire il valore del sacrificio, non possiamo più
vivere al di sopra delle nostre possibilità.
In conclusione, i denari pubblici sono indispensabili per uscire dalla crisi, ma per questo occorre raccogliere le risorse in modo saggio e non vessatorio, impiegandole in modo equilibrato, riducendo le diseguaglianze, incentivando e disincentivando: esattamente il contrario dei tagli lineari di Tremonti. Per questo, soprattutto, occorre ritornare al Paese delle regole, alla cultura della legalità, al valore civico ed etico della rappresentanza, all’esempio e al rispetto. Al Paese del merito e non delle scorciatoie. Un Paese che semplicemente è incompatibile con la storia, le politiche, i comportamenti del governo che l’ha guidato negli ultimi tre anni.

Nel momento che le forze sociali del Paese e del Veneto hanno mollato o stanno mollando questo centro destra e la Lega e tutte sostengono convintamente il Governo Monti; nel momento che abbiamo l’opportunità di sdoganarci riapprendo canali di contatto e di rapporto con questi mondi, tentando di uscire dal recinto dove siamo stati ingiustamente confinati; possiamo permetterci di perdere questa storica occasione per difendere gli interessi di bottega e di partito? Io penso di no! Penso che dovremmo alzare l’asticella avvicinarsi a questo mondo economico della piccola e media impresa, delle partite iva, dell’agricoltura, agganciandoli ai nostri elettori tradizionali, lavoratori del privato e del pubblico, pensionati, famiglie.
Perché oggi la partita si vince o si perde tutti insieme.

La nostra missione come Partito Democratico è la ricostruzione, è la ricostruzione dell’Italia e per questo dobbiamo avere l’ambizione e l’orgoglio di essere un grande Partito Paese.

On.le Gianni Dal Moro
Deputato del Partito Democratico


Non è manovra che il PD avrebbe fatto

E’ durissima, dettata dall’emergenza per correggere i danni di PDL e Lega
Non è la manovra che avremmo fatto come PD ma dettata dall’emergenza, dopo che per 3 anni il Governo Berlusconi non ha fatto niente per combattere la crisi.
Si tratta di una manovra durissima, dettata dall’emergenza, dopo che per 3 anni il Governo Berlusconi non ha fatto niente per combattere la crisi, negandola.

NON è la manovra che avremmo fatto come PD. E’ uno sforzo ingentissimo chiesto al Paese e noi avremmo preferito che fosse più equa e che si colpissero di più i privilegi, le grandi ricchezze e l’evasione fiscale.

In ogni caso se la manovra è dura, e non poteva essere altrimenti, non è abbastanza equa e va migliorata su alcuni punti: l’indicizzazione delle pensioni deve essere corretta, perché due volte la minima è poco, la riforma delle pensioni deve essere graduata in particolare per i lavoratori a più basso reddito e va incrementata l’esenzione dell’Ici sulla prima casa.

Va aumentata l’aliquota ai capitali scudati e occorre procedere alle dismissioni immobiliari e alla messa a gara delle frequenze

In Parlamento lavoreremo per migliorarla in questa direzione cercando di alleggerire il carico per lavoratori dipendenti e pensionati.


Manovra troppo poco equa

Questa manovra serve per evitare il fallimento dell’Italia. Ieri il presidente del Consiglio, Mario Monti, lo ha detto chiaro e tondo in Parlamento.
Il pericolo di cadere nel baratro (con il rischio di finire come l’Argentina) giustifica la durezza della manovra. Ma l’equità dell’intervento, promessa da Monti, è piena zeppa di buchi.
Il Partito Democratico, attraverso l’intervento dei suoi dirigenti, il segretario Pier Luigi Bersani, e i presidenti dei gruppi parlamentari alla Camera e al Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro, hanno detto chiaramente che il Pd, per responsabilità verso il Paese, farà la sua parte, ma chiede modifiche importanti alla manovra per difendere i più deboli e propone dove e come trovare le risorse per riequilibrare l’intervento.
Questa linea è stata presentata in Parlamento e poi, in serata, discussa e approvata dal coordinamento del partito.
Primo: se siamo a questo punto lo dobbiamo alle scellerate decisioni prese dal governo di Silvio Berlusconi, che ha cancellato molte delle buone norme previste dal governo Prodi, che ha lasciato campo libero e premiato gli evasori, che ha speso a favore dei più ricchi le poche risorse che erano disponibili per sostenere l’economia, soprattutto che ha negato la crisi e alla fine non è stato in grado di affrontarla. Mai dimenticare chi ci ha portato qui.
Secondo: la caduta di Berlusconi e il cambiamento di governo, conquistato dal Pd con la propria politica, non significa che sia cambiata la composizione del Parlamento o che questo governo sia il governo del Pd. Il governo Monti è un governo di transizione per affrontare l’emergenza.
Terzo: il fallimento dell’Italia va evitato. Ma ci vuole più equità.
Dalle agenzie di stampa alcune delle dichiarazioni di ieri del segretario Bersani, di Franceschini e di Finocchiaro.
Bersani. “Confermiamo che siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità ma la manovra va assolutamente migliorata alleggerendo alcuni punti perché non poteva che essere dura ma non è ancora abbastanza equa”. Pier Luigi Bersani chiede al governo di correggere la manovra “alleggerendo alcuni punti”. “La manovra va assolutamente migliorata – spiega Bersani – alleggerendo alcuni punti: l’indicizzazione delle pensioni due volte il minimo è troppo poco, ci vuole un accostamento più graduato alla riforma delle pensioni per lavoratori precoci e pensionandi a reddito più basso”. Il segretario del Pd chiede poi “un incremento dell’esenzione dell’Ici per la prima casa”. “Sappiamo dove prendere le risorse – spiega Bersani – è importante che sia passato il principio di colpire i capitali scudati, un punto su cui insistevamo da tempo ma il limite dell’1,5% è un buffetto e inoltre ci possono essere entrate dalle dismissioni e dall’asta delle frequenze tv. Il Pd, aggiunge Bersani, “non è convinto dell’impostazione contro l’evasione fiscale perché va messa a regime la fedeltà fiscale e non inseguire il singolo evasore”. Quindi, conclude il segretario Pd, “lavoreremo con le possibilità che abbiamo per migliorare la manovra: io condivido alla lettera le parole di Monti sulla serietà del momento con il piccolo particolare, che lui non poteva dire, che da tre anni hanno continuato a dirci che andava tutto bene e non si è fatto niente”.
Franceschini. “Sappiamo che è stato difficile fare un decreto facendo sintesi tra esigenze diverse e vi ringraziamo. Noi avremmo fatto una manovra diversa, puntando più sull’equità: con piú gradualità sulle pensioni, una franchigia maggiore per la prima casa e un maggior carico su patrimoni e rendite finanziarie”. Così il capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini spiega in Aula le priorità del Pd. “Le cose che noi abbiamo in mente – afferma Franceschini – non sono dettate da problemi di consenso ma dal rispetto dei principi di giustizia sociale. Noi continueremo a lavorare perché la guerra all’evasione fiscale sia rafforzata, abbassando la soglia dei mille euro per i contanti e insistendo su un maggior prelievo sullo scudo fiscale. Certo nella manovra c’è un primo segnale ma se invece di chiedere l’1,5 per cento sui capitali scudati si chiedesse il 2 si potrebbe aumentare la fascia per le indicizzazione delle pensioni”. Il Pd quindi insisterà “perché su queste cose una sintesi si può trovare”. Il capogruppo Pd invita poi il premier Mario Monti “a usare la forza che i partiti le danno, anche a costo di incomprensioni con l’elettorato e i cittadini, per far sentire la voce dell’Italia sul tavolo dell’Europa”. “Monti usi i sacrifici dolorosi di ogni italiano per difendere l’Europa, per difendere il welfare come ragione fondativa dell’Ue, per chiedere una tassa europea sulle transazioni finanziarie”, per sancire il principio della cessione della sovranità nazionale evitando gli accordi intergovernativi. Questo è il nostro compito: non solo salvare l’Italia ma salvare e costruire l’Europa”.
Finocchiaro. “Noi non avremmo fatto la stessa manovra, ma non abbiamo dubbi sulla sua urgenza e necessità. Avremmo voluto, e ancora vogliamo, una manovra più equa”. Lo dice Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd nell’aula di palazzo Madama. “Noi- prosegue- vorremo più coraggio” ad esempio “sui grandi patrimoni” in modo da “alleggerire” l’intervento sulle pensioni “per i lavoratori precoci e incrementare l’esenzione dell’ici sulla prima casa”.


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