Anche a Sona AUMENTANO le TASSE, a discapito dei PIU’ POVERI
Martedì sera si è tenuto il consiglio comunale, l’argomento principale era il bilancio di previsione e le manovre da adottare per farlo “quadrare”.
A grande sorpresa l’attuale amministrazione ha deciso di tagliare le esenzioni dell’addizionale comunale abbassandole dai 15.000 euro adottati dalla vecchia amministrazione ai 10.000 euro mettendo ancora più in difficoltà le persone meno abbienti. Per di più non è stata prevista alcuna progressività e l’imposta è stata mantenuta al livello massimo consentito dello 0,8%.
Riportiamo di seguito il discorso fatto in consiglio ieri sera dal consigliere Enrico Cordioli, rappresentante del gruppo consiliare Nuove Prospettive – Partito Democratico riguardo a questa decisione.
“La giunta alle prese con la ricerca di risparmi ha applicato una sforbiciata alle esenzioni piuttosto che ricercare altre economie al proprio interno.
Nel dettaglio i 225 mila euro di maggior introito che ha previsto l’amministrazione per l’abbassamento della soglia di esenzione dell’addizionale comunale come sono stati determinati??? Che metodologia per la profilazione delle famiglie colpite dalla riduzione dell’esenzione addizionale Irpef è stata utilizzata??? E’ importante capirlo in particolar modo in questo momento di crisi diffusa.
Caro assessore Bianco e caro Sindaco questa scelta che adesso vi vede amministrare il Comune non me la sarei aspettata visto che entrambi, specie tu Gianmichele quando eravate in minoranza avevate criticato l’aumento dell’addizionale dallo 0,4% allo 0,8%. E poi non si può dire caro assessore Forante che ci siamo uniformati ad altri comuni del nostro circondario Valeggio sul Mincio e Castel d’Azzano prendendo come esempio quelli che ci fanno più comodo perché ci sono altri Comuni a noi vicini che comunque questa scelta non l’hanno fatta.
Mi rivolgo poi, al vicesindaco Caltagirone con delega al bilancio che è anche assessore al sociale e quindi mi riferisco a questa dicotomia, partendo dal presupposto sul quale tutti converrete cari consiglieri che una persona che guadagna 10 mila euro può considerarsi alle soglie della povertà, da una parte andiamo a colpire abbassando l’esenzione i soggetti più deboli (anziani, disabili, non autosufficienti) scelta quindi fatta da chi elabora il bilancio (si parla di politiche di bilancio infatti) e dall’altra saranno gli stessi soggetti che busseranno alla porta dell’assessore al sociale per chiedere aiuto e sostegno.
Tra gli obiettivi che dovrebbe avere una giunta e in particolare l’assessore al sociale vi è quello di “favorire i soggetti autenticamente bisognosi” ma lo so diventa difficile questo ruolo quando si devono anche tener sotto controllo i costi e quindi il bilancio.
Ecco dopo tutta questa relazione ribadisco che secondo me questa è una scelta sbagliata e che quindi avrà il mio voto contrario.
In Italia e anche nel nostro Comune alcune importanti trasformazioni sociali ed economiche hanno iniziato a generare nuovi rischi e bisogni che hanno contribuito a rendere più manifesti, i limiti e le criticità del nostro sistema di welfare. In generale, fenomeni quali la de-industrializzazione, la terziarizzazione dell’occupazione e la diffusione del lavoro atipico hanno reso più dannosa l’assenza di uno schema di reddito minimo garantito contro la povertà, volto ad assicurare un minimo di risorse alle famiglie.
Allo stesso modo, la diminuzione delle dimensioni medie dei nuclei familiari, la crescita della partecipazione femminile al mercato del lavoro e l’invecchiamento della popolazione hanno minato l’adeguatezza della famiglia nel ruolo ad essa attribuito all’interno del sistema di protezione sociale italiano di agenzia primaria di welfare e al contempo reso più urgente un intervento di riconfigurazione del sistema di protezione sociale. Infatti, se nei decenni precedenti l’impostazione tradizionale e la solidità delle reti familiari e di comunità avevano permesso di ovviare alla mancanza di diritti di fondamentali per i cittadini, l’indebolirsi delle reti primarie insieme all’acuirsi dei bisogni rendono – oggi e in futuro – particolarmente grave sia la mancanza di politiche inclusive di assistenza economica sia la scarsa disponibilità di servizi di cura. Va notato poi che l’assenza di risposte ai bisogni emergenti non ha effetti negativi solo per chi si trova in condizioni di difficoltà ma anche per l’intero comune. Il mancato adattamento al nuovo scenario ha infatti portato le famiglie a mettere in atto strategie informali di risposta alla configurazione di vincoli e opportunità con cui si confrontano, principalmente attraverso una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, un ritardo nella costituzione di nuovi nuclei familiari, una modificazione delle scelte procreative. Tali soluzioni a livello micro concorrono così a generare sul piano economico e sociale alcune conseguenze negative a livello macro, tra cui in particolare una crescita economica più contenuta, una maggiore diffusione del rischio povertà, un rapido invecchiamento demografico, una scarsa mobilità sociale ed un’ampia ereditarietà dello svantaggio. Tali dinamiche meriterebbero di essere considerate in modo più attento nel dibattito sui costi e i benefici della modifica che intendete fare di esenzione. Le avete considerate?????”
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